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La pandemia smuove anche i pachidermi

di Adria Bartolich

Valutiamo positivamente sia l’annuncio del governo a proposito dello sforzo finanziario per adeguare gli istituti scolastici predisponendo la banda larga sia la velocizzazione delle procedure per la ristrutturazione degli edifici scolastici.

La domanda però sorge spontanea: perché farlo ora e non prima?

Forse che al governo si sono succeduti per anni ottusi uomini e donne di potere che non conoscevano i problemi? Perché mai per fare cose di buon senso occorre aspettare una pandemia?

Io credo che sia per la ragione che tutti conoscono e cioè  che ogni trasformazione incontra le resistenze di chi materialmente deve portarla a compimento, in questo caso la struttura pachidermica e spesso rigida della pubblica amministrazione. E questi sono voti alle elezioni.

Significa cambiare modo di lavorare, accelerare i passaggi, intervenire tempestivamente  e soprattutto potere agire su chi è inadempiente.

Però in emergenza si è obbligati a farlo, altrimenti viene meno la giustificazione sociale del sistema.

Perciò si fa, ma  qui si entra nello spinoso capitolo dei docenti necessari per fare funzionare la scuola quando questa dovesse riaprire a settembre.

Si dovranno predisporre turni di presenza e didattica a distanza. I sindacati chiedono la stabilizzazione dei precari che però in questo Paese non finiscono mai. Tutti assunti con la Buona scuola nel 2015 e siamo ancora qui a parlare di precari storici;  non solo, siamo ancora ai concorsi  e quindi ci vorrà almeno un anno, dove dovrebbero entrare le competenze informatiche e l’uso delle piattaforme per la Dad, la Didattica a distanza, ma al momento è solo previsto l’uso del Pc per la prova  scritta con le risposte a crocette.

Non basta più. La formazione dei docenti sarà delegata ancora  ai privati o se ne farà carico finalmente il Ministero a cui spetta la formazione delle nuove generazioni, e non si capisce perché non quella dei docenti,  in modo da preparare una classe docente con le competenze necessarie per la nuova scuola?

Un’istituzione che delega ad altri la formazione del suo personale non solo non ci fa una bella figura ma soprattutto non ha la certezza di avere poi  quello che serve.

Leggendo le notizie ci  si  chiede che cosa renda gli italiani resistenti ad ogni forma di modernizzazione , non sulle cose ludico-giocose, ma su fatti ed eventi strutturali che significherebbero un salto di qualità importante per l’intero sistema Paese.

Questi vengono sempre affrontati tardi e a metà, quasi si vivesse nel terrore di perdere  il gruppo a cui si sente di appartenere; insomma, una specie di forma di isteresi che trascura gli stimoli esterni, finge di non vedere i problemi interni e rende conservatori.

Forse perché, come diceva Indro Montanelli, l’italiano preferisce sbagliare in gruppo che avere ragione sa solo.

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