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La scienza progredisce grazie alla filosofia

di Agostino Clerici

Ricordo quella filastrocca con cui, giovane studente di filosofia a Milano, venivo simpaticamente canzonato da amici avviati verso più nobili discipline scientifiche. «La filosofia è quella cosa, con la quale o senza la quale, tutto resta tale e quale». Cioè: è una disciplina inutile! Già ci sarebbe da discutere sul parametro scelto per stabilire il valore di un sapere: il criterio dell’«utile» è davvero il più idoneo? Ma poi, in un mondo come il nostro – che vorrebbe essere inesauribilmente progressivo e che, invece, finisce con l’essere progressivamente distruttivo – una disciplina che lascia tutto «tale e quale» dovrebbe essere tenuta in grande considerazione, come un argine prezioso.

La diatriba tra cultura umanistica e cultura scientifica ogni tanto torna a galla nel dibattito, facendosi spazio tra argomenti più prosaici e ispirati alla cronaca quotidiana. Eppure, proprio a livello dell’analisi dei fatti che ci accadono o a cui assistiamo, si avverte la mancanza di una visione filosofica che dovrebbe accompagnare, e forse addirittura guidare, la lettura puramente fattuale, troppo frettolosamente considerata come scientifica.

Ora, in tanti ambiti della scienza – soprattutto quelli che più da vicino hanno a che fare con la sfera dell’identità del soggetto umano – si avverte il rischio che un ruolo preponderante nella metodologia della ricerca e della valutazione dei dati sia svolto dalla cosiddetta «intelligenza artificiale». Destano qualche preoccupazione, ad esempio, le frontiere raggiunte e superate nel campo della robotica, tanto che si comincia ad avvertire la necessità di una roboetica, ovvero di regole per chi costruisce e progetta i robot.

Il problema del rapporto tra le due culture diventa ancora più decisivo, giacché il divario si amplia ulteriormente, nel momento in cui la cultura scientifica sembra avviata verso sempre nuovi traguardi, mentre la cultura umanistica pare destinata alla conferma della sua inutilità. Purtroppo questa divaricazione rischia di convincere le giovani generazioni a non intraprendere gli studi umanistici e filosofici, dipinti ai loro occhi come uno sbocco persino poco redditizio.

Bisogna assolutamente invertire questa tendenza. Aristotele, con il palmo della mano rivolto verso il basso, con a fianco Platone, che punta il dito della mano verso l’alto – nel famoso affresco di Raffaello che ritrae la Scuola di Atene – non rappresentano affatto una alternativa, quasi si potesse scegliere tra cultura scientifica e cultura umanistica, quanto invece la duplice dimensione dell’unica cultura umana. Demonizzazioni e marginalizzazioni reciproche sono da evitare. Tra l’altro, ad una scienza che è portata a perseguire nuovi risultati in una corsa normata solo dai numeri, è la filosofia a fornire una nozione fondamentale quale è quella del «limite». Concetto indispensabile e non soggetto ad alcuna dimostrazione scientifica, in quanto insito nella stessa percezione di finitudine in cui ogni uomo avverte la sua reale consistenza.

Per far progredire la scienza è necessaria la filosofia. Essa, come pensiero che attraversa continuamente le menti dell’uomo, potrà pure sembrare «tale e quale», ma, proprio fecondando la scienza, permetterà a quelle stesse menti di cambiare il mondo e insieme di salvaguardarlo.

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