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La scuola non è l’apocalisse

di Adria Bartolich

È abbastanza ovvio che la scuola sia un catalizzatore di interesse come pochi altri, infatti riguarda un gran numero di persone, circa un milione di lavoratori, tra docenti e personale Ata (non insegnante), per 8 milioni di alunni tra scuola pubbliche e paritarie, per oltre 15 milioni di genitori. Quasi mezzo Paese ha a che fare quotidianamente con la scuola a vario titolo.

Sono numeri da far paura ma che chiariscono quanto sia importante il sistema scolastico per la vita di una nazione. In più l’istruzione, in un Paese civile, rappresenta il cardine della sua possibilità di sviluppo. Attorno alla scuola girano un mare di interessi che vanno da quelli dalle agenzie turistiche per l’organizzazione delle visite d’istruzione o gite, a quelli degli enti di formazione, dei centri per il recupero disciplinare, di cooperative che forniscono educatori, operatori e servizi specialistici di vario tipo, per esempio sui disturbi specifici d’apprendimento piuttosto che mediatori linguistici, e molto altro.

Inutile dire che la scuola, oltre ad educare e istruire, fornisce una copertura spazio-temporale alle famiglie in cui i genitori lavorano. Certo quest’ultimo non è il suo compito primario ma è innegabile che, senza la scuola, molti genitori non saprebbero letteralmente dove mettere i figli durante il lavoro.

Per tutta questa serie di cose è importante che rimanga aperta, e si sta facendo di tutto perché sia così. Anche in tempo di Covid la scuola è un luogo protetto. Le scuole hanno attivato, con grande fatica, tutte le misure di sicurezza possibili per impedire i contagi. Infatti non è  dentro di esse che  i casi si moltiplicano, bensì all’esterno; ma la scuola non è un atollo isolato dal resto.

È mancata una seria politica di regolamentazione del trasporto pubblico, non ha molto senso mantenere le distanze e usare le mascherine a scuola per poi stipare gli studenti in bus sovraffollati, e certo vigilare i ragazzi una volta usciti da scuola è molto complicato. La soluzione migliore per gli studenti e la didattica sarebbe stata istituire i turni, ma non ci sono abbastanza insegnanti, i concorsi hanno tempi biblici, e sarebbe stato difficile per i genitori organizzarsi.

Si è scelto di non fare i turni, ma è ovvio che entrate e uscite di massa nella stessa ora, aumentano il rischio di contagi.

Ormai il dibattito sull’apertura o chiusura delle scuola ha assunto toni apocalittici. Ricordo che la scuola non ha mai  interrotto di fare quello che le compete, cioè insegnare e istruire, e ha continuato a lavorare  anche nel lockdown con la didattica a distanza, che non è un’attività criminale, come sembrerebbe  da alcune dichiarazioni, ma un modo per fare lezione e continuare a fornire un servizio essenziale. Aggiungo che nulla fa più male ai nostri ragazzi del senso d’incertezza,  che i grandi, con questi toni, non fanno altro che accrescere.

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