Categories: Opinioni & Commenti

La visita specialistica e la lista d’attesa

di Mario Guidotti

Carlo era un tranquillo pensionato settantenne in buon arnese. Così quel giorno in cui ha sentito dei battiti cardiaci anomali si è subito allarmato e si è fatto visitare dal proprio medico. Niente di urgente fu la risposta, ma anche che sarebbe stato opportuno un approfondimento da parte di uno specialista cardiologo. Carlo si rivolse quindi al proprio ospedale cittadino e il primo appuntamento disponibile era otto mesi dopo. Ma come si fa ad aspettare tanto per una prima visita specialistica, cioè per un possibile guaio la cui misura non è nota e che può crescere in gravità? Ora, si può attendere tanto per un controllo, cioè per qualcosa di già noto, ma l’ignoto può evolvere, e non sempre in bene. Il tema è quello delle liste d’attesa, che in Sanità sono un vero flagello.

È pensiero comune che siano il risultato di cattiva organizzazione, scarsa predisposizione alla soddisfazione dei bisogni, insomma il solito effetto dell’italica inefficienza. Anzi, in taluni c’è anche il sottile dubbio che vengano svolte poche visite in regime di servizio sanitario nazionale per spingere la gente ad andare privatamente, per arricchire i medici. Non è forse famosa la frase dell’impiegata “con l’impegnativa la visita è tra tot mesi, ma privatamente il dottore la può vedere tra quattro giorni”? Mentre è bene sapere che la libera professione si svolge fuori orario di servizio, spesso dopo 40 e passa ore settimanali, guardie di notte e festivi compresi, è comunque utile conoscere che in media un servizio specialistico ospedaliero, tra prime visite e controlli, eroga giornalmente  30-35 prestazioni in convenzione, che a volte arrivano  a 40 con le cosiddette “urgenze differibili”, un ossimoro di Regione Lombardia che accosta due termini di senso contrario, e che viene perlopiù abusato per “saltare la coda”. Esempi? È urgenza differibile il rinnovo del piano terapeutico? La visita per la patente scaduta (lo si sa due/cinque anni prima)? La visita per la tosse che non passa (nonostante 20 sigarette che si continuano a fumare)? Ma non andiamo fuori tema, e soprattutto non facciamo di ogni erba un fascio. Il punto è che di quelle 40 visite al giorno più della metà non sono motivate, ma sono per rassicurare, per spostare l’attenzione dal problema sociale al sanitario. Che ci stanno, badate bene. Ma bisogna allora avere l’accortezza di utilizzare tutte le strutture convenzionate, magari facendo qualche chilometro in auto per andare dove le stesse prestazioni sono erogate dopo due-tre settimane. Insomma il punto è ancora una volta il corretto utilizzo delle risorse, in questo caso sanitarie. Non si può più delegare solo il Sistema, serve una presa di coscienza individuale e un maggiore riequilibrio dei carichi di lavoro tra ospedali e territorio. I bisogni sanitari stanno crescendo e non si può più dare tutto a tutti e subito, la risposta si chiama appropriatezza delle prestazioni, altrimenti il rischio sarà che Carlo e tanti casi come il suo potrebbero non essere diagnosticati e curati per tempo.

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