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La vita agra del ristoratore tra minuti contati e burocrazia

Aspiranti “MasterChef” di tutto il mondo unitevi, da oggi i retroscena della cucina lariana non avranno più segreti per voi. Ebbene sì, perché abbiamo indagato la vita reale dei ristoranti e del loro personale per cercare di capire quali siano i ritmi, le soddisfazioni, le problematiche e i sacrifici (molti), di un lavoro apparentemente facile.Passione, forza di volontà e soddisfazioni sono però gli ingredienti per la ricetta perfetta. Il nostro giro in città comincia dalla trattoria

del “Gesümin” in via Cinque Giornate, dove è una donna, Maria Grazia Neri, a tenere le redini.«Non c’è dubbio che questo sia un lavoro faticoso – dice – La giornata per noi inizia alle otto, dobbiamo contattare i fornitori e per un locale come questo, a gestione familiare, bisogna fare la spesa quotidianamente».Insomma, sveglia presto e a letto tardi? «Il lavoro in cucina comincia intorno alle dieci – continua Maria Grazia Neri – ma spesso si finisce anche all’una di notte, fino a quando non va via l’ultimo cliente».E come si fanno a conciliare questi orari con la famiglia?«Ci vogliono molti sacrifici e tanta passione – afferma la titolare del Gesümin – ed essendo anche una madre è difficile riuscire a fare combaciare questo lavoro con i figli che sono obbligati a diventare grandi e autonomi prima del tempo».«È importantissimo avere un compagno comprensivo – dice la Neri – che sia in grado di capire la situazione e supportarti».Insomma, se si pensa che i titolari dei ristoranti abbiano vita facile, bisogna ricredersi.«Dobbiamo controllare che sia sempre tutto in ordine – dice Luciano Tomasulo del ristorante “Breeze Inn” in via Natta – Fare gli ordini, gestire l’attività, il 70% della giornata è interamente dedicato al locale».E se ci si trova in pieno centro storico, non è poi così facile. «Alcuni fornitori arricciano il naso per consegnarci la merce – dice Tomasulo – non è facile entrare in città murata e bisogna avere i permessi. Anche per questo motivo si cerca di fare combaciare tutti gli ordini in un’unica giornata».Anche la burocrazia porta via molto tempo. «Se si è titolari e chef, come nel mio caso – continua Tomasulo – occuparsi anche degli affari burocratici e code d’attesa è molto difficile, non si ha quasi mai tempo libero e quel poco lo si dedica comunque al ristorante».E chi risente del poco tempo libero spesso è la famiglia.«La vita privata, purtroppo, viene dopo – afferma Tomasulo – Bisogna mettere in preventivo che ci sono pochi momenti per stare assieme ai familiari. Anche se, a fine giornata, la soddisfazione di un cliente felice risolleva sempre il morale».Se il mondo dei ristoranti, visto da fuori, sembra tranquillo e rilassato, basta entrare in una cucina per rendersi conto dell’adrenalina che si cela dietro le porte.Così, Cecilia Proietti, chef di Cibooh in via Adamo del Pero, racconta la vita dietro i fornelli. «Per una donna è difficile fare questo mestiere – dice – soprattutto all’inizio bisogna scegliere tra vita personale e lavorativa. In cucina si è sempre sotto la lente d’ingrandimento, soprattutto adesso che il cliente può recensire i piatti su Internet».Fare il cuoco non è un lavoro facile ma, garantisce Cecilia Proietti, dà molte soddisfazioni. «La cucina è l’anima del ristorante, qui si concentrano passione e tensione, è importante restare concentrati e quando si ricevono delle critiche bisogna sapere reagire e fare sempre meglio».Sì, perché non tutti diventeranno famosi come lo chef tv Gordon Ramsey. «A chi vuole fare questo lavoro – continua – dico che vale la pena solo ce l’hai dentro, se lo senti davvero tuo, altrimenti meglio lasciare perdere. I ritmi a volte sono folli, insostenibili se penso che uno chef può lavorare anche quattordici ore al giorno. Si va avanti solo con una grande passione».E nel microcosmo del ristorante sono la cucina e il personale di sala che comunicano incessantemente. Ma anche qui, se pensate che i camerieri si limitino a portare i vostri piatti al tavolo, vi sbagliate.«Questo è un bel lavoro nonostante molti pensino che sia solo per ragazzi svogliati – dice Francesco Ostinelli, cameriere da “Pane e Tulipani” in via Lambertenghi – invece richiede grandi doti comunicative e relazionali».Non è sempre facile trattare con i clienti. «Ecco perché bisogna essere anche un po’ psicologi – continua Ostinelli – Cioè essere in grado di capire le esigenze altrui e ricordare i piccoli vizi dei clienti».Come per gli altri ruoli, anche chi fa il cameriere ha poco tempo libero. «Se si fa il turno spezzato, cioè con intervalli – dice Francesco Ostinelli – non sono quelle due o tre ore di pausa che permettono di stare con la famiglia. Chi lavora in questo mondo sa come vanno le cose in realtà».

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