di Giorgio Civati
Fra i tanti dubbi ancora esistenti sul futuro, e anzi sulla
sopravvivenza stessa di Canepa, dalla riunione di mercoledì al ministero dello
Sviluppo Economico è emersa un’indicazione chiara: sono i soci industriali a
poter garantire continuità e sviluppo alle aziende. I fondi d’investimento, i
partner esclusivamente finanziari, al contrario, hanno mostrato in questa
occasione tutti i limiti del loro modo di ragionare, di un atteggiamento che
specie di fronte alle crisi difficilmente porta a risultati positivi. Il fondo
che ha rilevato la maggioranza assoluta della storica azienda tessile di San
Fermo della Battaglia, sicuramente aveva altre aspettative. Probabilmente gli
uomini che si sono succeduti sul Lario avevano visioni differenti. Di certo la
situazione, che si è rivelata più grave del previsto, non ha aiutato. E, però,
resta la considerazione di fondo: un socio solo finanziario agisce con l’idea
di rilanciare un’azienda controllata per rivendere e guadagnarci. Senza
strategie industriali di anni o decenni.
Lecito, sia chiaro, ma farlo non è semplice. Probabilmente al momento della
scelta la famiglia Canepa non aveva alternative. Ha venduto a chi era disposto
a comperare, e non c’era la fila. Una scelta obbligata, dunque, che
nell’immediato futuro potrebbe però modificarsi. Nell’incontro al ministero
infatti è emerso che ci sarebbero altre realtà pronte a entrare nel capitale di
Canepa. Una ventina. Se un passo indietro di Dea Capital è dunque possibile,
c’è da sperare che i nuovi arrivati siano del settore.
A questo riguardo il distretto tessile comasco qualcosa ha
da imparare dal passato. Canepa infatti è una delle realtà maggiori che,
insieme a Mantero e Ratti, ha vissuto crisi profonde, risolte però in maniera
differente. Nel caso di Mantero, dopo riorganizzazioni sia aziendali che
societarie la società è oggi risanata.
Ratti, invece, è da anni legata al gruppo Marzotto: una proprietà non più
comasca ma che comunque ha salvato l’azienda, l’ha resa stabile e ne ha rimesso
i conti al sicuro. E a Donatella Ratti, la figlia del fondatore, va dato il
merito di avere fatto la scelta migliore in quel momento per l’azienda, i
dipendenti e il distretto serico nel suo insieme.
Per Canepa il futuro è ancora tutto da inventare.
Improbabile la sopravvivenza grazie alla famiglia, che già ha fatto un passo
indietro nei mesi scorsi. Resta la ricerca di nuovi soci.
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