di Adria Bartolich
Sarà certamente capitato a tutti i docenti, di questi tempi, di avere in classe uno o più alunni intenti a schiacciare un pisolino durante le ore di lezione. Non si tratta, infatti, di un evento raro. Bambini e ragazzi rintronati dal sonno vengono, ogni giorno, scaraventati giù dal letto e spediti in una delle migliaia di classi della scuola italiana. Entrano in aula già stanchi, trascinandosi lentamente fino al banco dove, finalmente, potranno in quasi tutta tranquillità, salvo un intervento esterno, riposare. Non si tratta qui di riproporre ritmi, usi e costumi della vita contadina delle campagne lombarde del dopoguerra, sveglia all’alba, abbondante colazione, pranzo a mezzogiorno, cena presto e in branda alle nove, ma semplicemente di puntare l’attenzione sul cambiamento degli stili di vita e degli orari che riguardano bambini e ragazzi, e che impediscono loro di essere minimamente efficienti a scuola.
I nuovi ritmi impongono anche ai grandi orari completamente diversi da quelli di un tempo e ciò ha un’immediata ricaduta anche sui figli. I genitori, che spesso sono fuori tutto il giorno, tirano tardi e tendono a concentrare le loro attività del tempo libero la sera, perciò trasmettono un modello comportamentale. A questo si aggiunge la presenza attiva nelle case di televisioni, computer e smartphone. Mettere a letto i figli quando si sta per andare a letto è di gran lunga più facile che dire loro di andare a dormire quando si sta guardando un film o un concerto alla tv. Sappiamo anche che quella attuale non è certamente una generazione di genitori impositivi, quindi le ore destinate al sonno diventano troppo poche. Sempre ammesso che i genitori siano in grado di sottrarre ai loro pargoli tutti quegli aggeggi elettronici che fanno parte della loro vita, altrimenti le ore di sonno si riducono ulteriormente e i nostri virgulti incominciano ad avere un ritmo veglia e sonno paragonabile a quello di uno scafato viveur della belle epoque. Quindi, giustamente, dovendo recuperare, dormono in classe.
Però gli esperti ci dicono che durante l’adolescenza si dovrebbe dormire di più, raccomandano almeno nove ore, e la ripetuta carenza di sonno incide negativamente sulla connettività cerebrale oltre che, naturalmente, sulla capacità di attenzione durante le ore di lezione. Gli adolescenti si addormentano e si svegliano con il telefonino. Spesso dormono con l’infernale oggetto, manco fosse un peluche, e le ore di connessione sono passate in pochi anni dalla media di una al giorno alle sei attuali. Tutto ciò si chiama Fomo (fear of missing out), ovvero la paura di esserne tagliati fuori dalla vita virtuale anche di notte, che però li trasforma in morti di sonno ed estranei alla vita reale di giorno. Non sottovaluterei il problema sociale ed educativo che tutto questo comporta.
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