di Marco Guggiari
Ci sono quattro questioni che, ad onta di ogni ostinata speranza, rendono improbabile il recupero a nuova vita dello storico cineteatro Politeama. La prima, che è anche la più evidente a tutti, è di tipo finanziario. Acquistare, tenere in stabilità e poi ristrutturare l’immobile di via Gallio costa quasi dieci milioni di euro, forse di più.
Il conto è presto fatto: 2,4 milioni il valore del bene in base all’ultima perizia; 100mila euro i cerotti per salvare le coperture; da 6 a 8 milioni le opere necessarie per far rinascere il Politeama a nuova vita. La somma, pur variabile, fa tra 8,5 o 10,5. Ora, immaginare che in una situazione di carenza di risorse come quella che viviamo da decenni e che oggi possiamo proiettare in modo preoccupante anche nei prossimi anni, questo luogo simbolo dello spettacolo e della cultura comasca, di più, della stessa identità cittadina, possa incrociare un mecenatismo di tali dimensioni, è pura utopia. Diciamolo con chiarezza.
La seconda questione concerne l’aspetto proprietario. Il Politeama appartiene al Comune di Como per l’82% e ad altri soci per il rimanente 18%. Il Comune però, a causa di vincoli legislativi, nemmeno se volesse potrebbe acquistare le quote residue. Per uno di quei tipici paradossi italiani potrebbe invece decidere di acquistare l’intero stabile (2,4 milioni di euro). Si può ragionevolmente immaginare, con i chiari di luna del bilancio di Palazzo Cernezzi, che proceda in tal senso senza vincere prima il montepremi record del Superenalotto? La terza questione è legata al tempo. Sarebbe essenziale agire tempestivamente, ma questa è una palese contraddizione rispetto alla situazione data, al passo comunale e alla burocrazia di questo Paese.
Insomma, lo storico edificio è condannato a lottare con un orologio fermo, nonostante i problemi del cemento armato che si ammalora di continuo. C’è infine la questione del progetto condiviso, l’unico che può evitare il de profundis e aprire uno spiraglio per scalfire i primi tre scogli. Al momento questo progetto non esiste. Il Conservatorio Verdi si è ritirato da un’operazione finalizzata alla musica, il suo specifico, e che sarebbe stata gestita insieme con il Politecnico (Ingegneria del suono), se quest’ultimo non avesse nel frattempo lasciato Como per mancanza di spazi adeguati alla sede staccata.
La destinazione del Politeama rimane pubblica a fini culturali ed è giusto e logico che sia così, anche se questo sfila il bene da attività significativamente remunerative. Il liquidatore della società proprietaria ha rivolto nei giorni scorsi un appello alla città per un progetto sostenibile su cui chiedere soldi alla Regione e a chiunque possa darne. Club di servizi quali Rotary e Lions sono già disponibili.
Qui si gioca quel che resta, i tempi supplementari, forse i rigori, della partita. L’unione delle forze, quel progettare e agire come insieme un sol uomo, è una delle più ataviche incapacità di Como. O si accetta e si tenta questa sfida, capofila il Comune, oppure non resta che sperare nel Superenalotto.
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