di Adria Bartolich
Il “Messaggero”, noto giornale della capitale, ha riportato in un articolo quanto compare sul sito di una scuola di Roma come presentazione. Sull’istituto, risultato come molti altri della verticalizzazione (cioè dell’accorpamento) di alcune scuole, sono state fornite delle informazioni quantomeno inusuali.
“La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana. Mentre il plesso di via Vallombrosa sulla via Cortina d’Ampezzo, accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)”.
“La scuola rappresenta la principale agenzia attivatrice di processi formativi nel territorio in quanto il territorio stesso risulta povero di risorse culturali, in relazione alla condizione di periferia urbana nel caso di alcune zone del Municipio XIV e in relazione al prevalere del privato del Municipio XV”.
Dopo un primo momento di sgomento che può cogliere al momento della lettura, non solo per l’uso alquanto originale della punteggiatura ma soprattutto per i contenuti, viene da chiedersi come mai il curatore del sito sia arrivato alla conclusione che quelle riportare fossero da considerare informazioni utili per la potenziale utenza. Sono convinta che anche le cose più strane per qualcuno abbiano un senso. In questo caso il ragionamento si può riassumere nel seguente modo: con tutta probabilità alcuni plessi di quell’istituto, indoviniamo quali…, nella storia scolastica di quella zona, avevano una reputazione legata all’eccellenza. In altre parole erano da sempre considerate dall’opinione pubblica buone scuole. Con l’accorpamento interclassista, è proprio il caso di dirlo, l’allargamento dell’area dell’istituto ha finito per inglobare anche quartieri meno “nobili”, per cui non è più così facile riconoscere la scuola dell’eccellenza dalle altre.
Capita spesso quando le situazioni tendono a slegarsi dal territorio, sono meno riconoscibili. Per cui stato necessario specificare l’estrazione sociale dell’utenza dei vari plessi. Certo, vederlo scritto nero su bianco fa una certa impressione, è però l’operazione meccanica che quotidianamente migliaia di genitori mettono in opera quando scelgono la scuola per i loro figli. Non qualità scolastica ma dell’utenza. Che dire?
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