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Le scuole, il Ministero e la caccia alle piattaforme

di Adria Bartolich

All’improvviso un’epidemia di straordinarie proporzioni ci costringe a stare a casa.  Tutti. Si chiudono le scuole e insegnanti e studenti  rimangono in  una fase di sospensione di alcuni giorni cioè fino a quando  capiscono che il periodo durerà piuttosto a lungo.

A questo punto, quello che prima sembrava quasi un vezzo per avanguardisti, la scuola digitale, diventa una necessità. I ragazzi non possono perdere mesi e mesi di scuola,  per cui gli istituti si attivano per fare in modo di continuare le lezioni on line.

Ora, il primo computer che io mi ricordi di avere visto in una scuola, siamo nel 1992, era un Commodore 64, a confronto dei pc attuali  un inverecondo e preistorico trabiccolo, per fare partire il quale occorreva inserire un’interminabile  fila di codici. Siamo cioè a circa trent’anni dall’avvio dell’era digitale  diffusa  e il primo dato sorprendente è che non sia mai stata predisposta una piattaforma ministeriale per  la didattica a distanza, quando, tra l’altro, dal nostro ordinamento è prevista sia la scuola in ospedale che  l’insegnamento a domicilio.

Per cui le scuole si sono messe a cercare quello che c’era disponibile sul mercato, che qualche volta è all’altezza, qualche volta meno. Sono piattaforme organizzate  da informatici apprezzabili che poco sanno però  sul funzionamento dei diversi ordini  di scuola e soprattutto sui comportamenti dei ragazzi.

Ad esempio affidare agli studenti la scelta della materia a cui iscriversi è un vero atto di incoscienza didattica. Nel senso vero della parola: non coscienza. Per essere chiari, io non credo alle facoltà taumaturgiche  dell’informatica. Penso sia uno strumento utile ma in cui non si può esaurire l’insegnamento, però è un fatto che l’informatica permea ormai completamente la nostra vita e soprattutto quella dei ragazzi.

Non maneggiarla significa non capire il mondo in cui viviamo. Uso apposta un termine che si riferisce più all’uso degli attrezzi che agli strumenti raffinati. Non interessa la teoria dell’informatica, se non per i cultori della materia, ma l’uso sì.

Questo è un altro scoglio; se in una situazione di normalità un 25-30% di docenti che non usano il pc  sono considerabili una percentuale bassa, quando tutto si svolge on line è altissima.  Inoltre, fare lezione con il supporto di Lim o pc non è come fare scuola solo con strumenti  informatici, soprattutto coi più piccoli.  I genitori  sono fondamentali,  in questa  fase più che mai,  se sostengono  i figli  e non invadono il terreno dell’insegnamento. Non tutti gli alunni lavorano in pari condizioni. I genitori non lo vedono. Gli insegnanti sì.

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