di Adria Bartolich
L’obbligo scolastico come mezzo per frenare la dispersione,
questo pare sia il ragionamento di quanti propongono di dilatare l’età
dell’obbligo dai 3 agli 18 anni. In Europa
la maggior parte dei Paesi ha un obbligo che si attesta ai 16 anni, con
le punte alte di 18 in Romania, Portogallo e Paesi Bassi. Per
quasi tutti i Paesi l’obbligo inizia
tra i 5 e 6 anni, prima in Lussemburgo a 4 anni,
dopo nei Paesi scandinavi con
Danimarca, Estonia e Lituania e
Bulgaria a 7 anni.
Per quasi tutti l’avvio
dell’obbligo scolastico coincide con
l’inizio di quella che noi chiameremmo
scuola primaria. Solo la Grecia sta cercando di portare l’obbligo a due anni prima dell’inizio della primaria. E a quanto pare anche
l’Italia è in questa ottica, visto che si vorrebbe anticipare l’età dell’obbligo scolastico a
partire dall’inizio della scuola dell’infanzia cioè dai 3 anni, ma se contiamo
la presenza delle sezioni primavera
potrebbe partire anche dai 2
anni.
Francamente non so dire se allungando l’obbligo scolastico
verso il basso o verso l’alto si freni davvero la dispersione scolastica. Ho
infatti la sensazione che la dispersione non dipenda tanto dalla durata del
ciclo di studi bensì dalla struttura sociale e culturale di un Paese e dalle
misure messe in atto per evitarla, soprattutto
nel momento del passaggio dalla scuola media a quella superiore. È infatti questa la fase nella quale si
verifica il maggior numero di abbandoni, tra l’altro in modo molto
disomogeneo sul territorio
nazionale. Se in Veneto il tasso di abbandono è all’8%, meglio
dell’obiettivo europeo del 10%, in Sicilia e in Sardegna si attesta a un esorbitante 24%.
Siamo in grado di dilatare l’obbligo dall’inizio della
scuola dell’infanzia soprattutto con la struttura che questo tipo di scuola ha
attualmente ? Non dimentichiamo, infatti, che oltre il 70% delle scuole per
l’infanzia sono paritarie e collocate nelle regioni del Nord. Questa scelta
avrebbe come conseguenza un piano per
gli investimenti molto oneroso a fronte
di una serie di problemi irrisolti del sistema scolastico già esistente . Il riferimento è alle
strutture scolastiche spesso inadeguate, alla mancanza cronica degli insegnanti
di sostegno e dei supporti educativi da parte dei Comuni, sempre più in
difficoltà a mettere a disposizione
educatori, e non ultimo a un sistema di reclutamento del personale,
ottocentesco e inefficace, che impegna le scuole in farraginose e costose
ricerche che spesso lasciano scoperti i ragazzi in difficoltà per periodi molto
lunghi.
Infine, siamo davvero convinti che una scolarizzazione
precoce sia utile ai bambini e aumenti l’occupazione femminile? Non sarebbe forse più utile
aumentare la rete dei servizi per la primissima infanzia e abbassarne i costi ?
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