di Adria Bartolich
Una circolare del ministero di alcuni giorni fa, oltre a suggerire giustamente alle scuole di limitare le attività non curricolari a pagamento, in modo da non creare discriminazioni tra famiglie che possono e famiglie meno abbienti, e invitarle a predisporre i Piani triennali per l’offerta formativa (PTOF) per tempo, per consentire a genitori e studenti di scegliere con cognizione di causa la scuola da frequentare, specifica che è necessario, per tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio, l’assenso alla frequenza da parte di entrambi i genitori.
Si tratta della risposta istituzionale a una serie di lamentele che sono state avanzate sia dalle associazioni dei genitori che da singoli genitori, a proposito sia dei contenuti che delle modalità con cui una serie di temi venivano affrontati in alcune scuole.
Ovviamente i temi che maggiormente rischiano di creare frizioni nella relazione con le famiglie sono quelli di carattere etico (come ad esempio omosessualità, aborto, bullismo, violenza di genere) ma anche alcuni di attualità o politici (un esempio per tutti l’immigrazione).
La circolare sembrerebbe avere l’intenzione di tutelare l’impostazione educativa della famiglia dalle “ingerenze” della scuola partendo innanzitutto dall’assunto che ci sia sempre accordo nella famiglia sull’impianto educativo per i figli, mentre sappiamo che questa è la prima cosa ad essere messa in discussione quando ci sono crisi coniugali. La gestione della doppia firma è però più semplice da dirsi che da farsi.
Oltre a ciò, sebbene siano chiaramente da deplorare gli insegnanti che trasformano le cattedre in un pulpito per i comizi, la programmazione delle attività spetta alla scuola e i docenti sono tutelati, nella loro libera espressione e nella libertà d’insegnamento, niente meno che dalla Costituzione. Come per tutte le cose, salvo per i diritti umani essenziali, un diritto non è mai assoluto e va contemperato con il contesto in cui lo si esercita. Nel rapporto educativo tutte le figure interessate devono concorrere per raggiungere innanzitutto l’obiettivo principale di permettere una crescita armonica del ragazzo, e i conflitti tra figure, modelli e istituzioni certo non la agevolano.
In secondo luogo , dato che stiamo parlando di scuola pubblica, devono consentire all’alunno di diventare cittadino di una comunità. Tocca perciò alla scuola, nella sua autonomia didattica, come comunità professionale e luogo della responsabilità, stabilire obiettivi, limiti e confini entro i quali agire e contenere le eventuali intemperanze individuali legate a un’idea onnipotente di libertà senza limiti che non è solo di qualche insegnante, ma a volte anche delle famiglie.
di Adria Bartolich
Una circolare del ministero di alcuni giorni fa, oltre a suggerire giustamente alle scuole di limitare le attività non curricolari a pagamento, in modo da non creare discriminazioni tra famiglie che possono e famiglie meno abbienti, e invitarle a predisporre i Piani triennali per l’offerta formativa (PTOF) per tempo, per consentire a genitori e studenti di scegliere con cognizione di causa la scuola da frequentare, specifica che è necessario, per tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio, l’assenso alla frequenza da parte di entrambi i genitori.
Si tratta della risposta istituzionale a una serie di lamentele che sono state avanzate sia dalle associazioni dei genitori che da singoli genitori, a proposito sia dei contenuti che delle modalità con cui una serie di temi venivano affrontati in alcune scuole.
Ovviamente i temi che maggiormente rischiano di creare frizioni nella relazione con le famiglie sono quelli di carattere etico (come ad esempio omosessualità, aborto, bullismo, violenza di genere) ma anche alcuni di attualità o politici (un esempio per tutti l’immigrazione).
La circolare sembrerebbe avere l’intenzione di tutelare l’impostazione educativa della famiglia dalle “ingerenze” della scuola partendo innanzitutto dall’assunto che ci sia sempre accordo nella famiglia sull’impianto educativo per i figli, mentre sappiamo che questa è la prima cosa ad essere messa in discussione quando ci sono crisi coniugali. La gestione della doppia firma è però più semplice da dirsi che da farsi.
Oltre a ciò, sebbene siano chiaramente da deplorare gli insegnanti che trasformano le cattedre in un pulpito per i comizi, la programmazione delle attività spetta alla scuola e i docenti sono tutelati, nella loro libera espressione e nella libertà d’insegnamento, niente meno che dalla Costituzione. Come per tutte le cose, salvo per i diritti umani essenziali, un diritto non è mai assoluto e va contemperato con il contesto in cui lo si esercita. Nel rapporto educativo tutte le figure interessate devono concorrere per raggiungere innanzitutto l’obiettivo principale di permettere una crescita armonica del ragazzo, e i conflitti tra figure, modelli e istituzioni certo non la agevolano.
In secondo luogo , dato che stiamo parlando di scuola pubblica, devono consentire all’alunno di diventare cittadino di una comunità. Tocca perciò alla scuola, nella sua autonomia didattica, come comunità professionale e luogo della responsabilità, stabilire obiettivi, limiti e confini entro i quali agire e contenere le eventuali intemperanze individuali legate a un’idea onnipotente di libertà senza limiti che non è solo di qualche insegnante, ma a volte anche delle famiglie.
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