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L’individualismo ha i giorni contati

di Lorenzo Morandotti

Il 2019 è appena iniziato, e il mese dei buoni propositi sta finendo. Sarebbe ora di passare ai fatti concreti. Abbiamo saputo che il Comune, oltre a confidare nelle aperture gratis nei musei, crede nel gioco di squadra sulla cultura, anche perché sono giorni in cui si parla molto di fondi cospicui per il settore che attendono di piovere sulle teste del territorio considerate più meritevoli e capaci di condividere progetti, visioni, strategie.

Ci permettiamo di considerarlo un buon segno, uno dei  buoni propositi che  si enunciano  grosso modo tra i fumi dell’alcol di Capodanno e l’occultamento dell’ultimo panettone in un posto della dispensa lontano dalle grinfie dei golosi in vista di San Biagio. C’è però il resto dell’anno da attraversare. Come arrivare a San Silvestro, stavolta? Se dovessimo elencare ciò che manca per far sì che la cultura non sia l’episodico successo di un momento ma un sistema coeso e partecipato, basterebbe guardare a quanto avviene a Chiasso: un decimo degli abitanti di Como, ma la forza di pianificare insieme, tenendo unite le forze e le strutture di interesse pubblico – e le energie della società civile – in un unico centro (però diffuso) che non solo ospiti cultura ma la produca, la alimenti, la stimoli. Invece  da questa parte del confine si continua a far da sé, l’abitudine all’individualismo che pure ha i giorni contati secondo ogni indicatore sensato permane nelle radici, è un Dna quasi impossibile da estirpare. Le grandi mostre di 15 anni fa sono un ricordo sbiadito, i musei rimangono senza una figura dirigenziale che non è  nemmeno prevista dall’organico. E la biblioteca civica che pure ha tesori inestimabili e sforna mirabili tesi di laurea? È oltre che il riferimento quotidiano di tanti studenti e studiosi anche un centro di socialità, nobilissima funzione. Che però la realtà quotidiana declina in modo diverso ossia  limitandosi a bivacco indecente di senza fissa dimora. Declino di un tempio che non sa peraltro meritarsi il rispetto degli utenti (provate ad aver bisogno di un servizio igienico). Mi fermo a queste poche doglianze non per esaurimento di stimoli  perché di  moderni Giobbe  ce ne è già stato uno e inarrivabile, corrispondeva al nome e alla caustica penna di Guido Ceronetti che ha lasciato i suoi tesori d’arte e scrittura alla biblioteca cantonale di Lugano.

Ma il senso sia chiaro: prima di trovare mille soluzioni, occorrerebbe una, ma netta e praticabile, visione d’insieme. Cosa mai attuata perché forse da soli si ha più paura dell’ignoto e ci si fa bastare il poco che si ha.

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