di Adria Bartolich
«Con l’autonomia, creeremo una scuola funzionale alle
esigenze dei nostri studenti: basta cattedre scoperte perché i docenti
reclutati dal Sud rinunciano al ruolo! I bandi di reclutamento degli insegnanti
saranno su base regionale, prevedendo compensi adeguati con accordi di secondo
livello per chi si impegna a risiedere in Veneto per almeno 10 anni».
Questo è il tweet del governatore del Veneto, Luca Zaia,
liberamente tradotto dalla testata “Vesuvio on line” in questo modo: “Il Presidente del Veneto Zaia:
«Basta insegnanti meridionali a Nord»”.
Ecco, io credo che continuando così non faremo un solo passo in avanti. Com’è noto nelle
regioni del Nord Italia c’è una carenza
cronica di insegnanti ormai da anni per una serie di ragioni; perché i laureati
del Nord preferiscono rivolgersi al privato, perché si fanno pochi concorsi e a
volte sono troppo selettivi ma soprattutto per il motivo che, dopo averli espletati, le persone assunte tendono a ritornare nelle
loro zone d’origine.
È umano e comprensibile.
Ma lo è anche il disagio che può
provocare l’assenza per mesi di un insegnante di sostegno per un ragazzino
diversamente abile, o il continuo cambio di docenti sulle cattedre vuote,
destinate perciò a supplenti temporanei.
Se pensiamo che il buon funzionamento della scuola pubblica sia il centro di un
sistema educativo democratico e il luogo
nel quale anche un ragazzino nato in una
condizione sociale difficile possa avere
la possibilità di crescere culturalmente
e umanamente, uniti ad
un’occasione di riscatto sociale, quella scuola deve funzionare bene. Per la
ragione che per qualcuno costituisce
un’opportunità, a volte l’unica, di
crescita e mobilità sociale.
Usciamo perciò dalle polarizzazioni propagandistiche.
Il tema non è
“Assumiamo solo docenti
settentrionali” bensì personale che starà nella regione in cui assume il
ruolo, anche con incentivi
salariali regolati dalla contrattazione
decentrata. Se lo strumento più idoneo sia o meno l’autonomia si può
discutere; d’altra parte, anche senza l’autonomia, è improponibile procedere con un’altra infornata di
assunzioni senza prevedere contestualmente delle misure che rendano più stabile
territorialmente l’organico.
Niente guerra quindi tra “polentoni” e “terroni” altrimenti
non ne usciamo più, cerchiamo invece di trovare una soluzione che renda la scuola migliore,
nell’interesse di tutti. Una scuola pubblica di qualità fa bene ai ragazzi,
agli insegnanti e al Paese.
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