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L’olocausto e le foibe tra storia e memoria

di Adria Bartolich

Tra gennaio e febbraio , in tutta Italia, si celebrano il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo, entrambi istituiti con legge dello Stato italiano.  La prima giornata, dedicata alle vittime dell’olocausto, ricorre il 27 gennaio ed  è stata istituita nel 2000;  quella del Ricordo, stabilita nel 2004, é il 10 febbraio e  commemora la tragedia dell’Istria e della Dalmazia   e della “complessa vicenda del confine orientale”.

Sono due leggi approvate in  rapida successione; inutile dirlo,  ma è intuibile, per la natura del dibattito che intorno ad esse si era sviluppato. La tragedia dell’olocausto, per dimensioni, contenuti e studi, è molto più conosciuta e celebrata. Tutte le scuole d’Italia, a vario titolo, propongono lezioni, interventi  ed iniziative storico-culturali per commemorarla, e giustamente; quella delle foibe molto meno.

Vuoi perché la storia del confine orientale è davvero complessa e  poco conosciuta o perché su di essa aleggia un sottile imbarazzo,  è meno chiara e rompe tutti gli schemi.

Molti relegano la tragedia delle foibe a una questione limitata nei numeri e a semplice  ritorsione  delle popolazioni slave contro i fascisti  persecutori, mentre altri la considerano solo come pulizia etnica degli slavi contro gli italiani. Sono entrambe delle semplificazioni.

Vige un luogo comune secondo il quale ricordare le tragedie significa non ripeterle. Ricordare non significa  però necessariamente arrivare alle medesime conclusioni.

È stato abbastanza scioccante scoprire, infatti, che, secondo un’indagine di Euroispes,  il 15,6% degli italiani nega la Shoah ed è convinto che lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti sia pura invenzione. Un altro  16,1%  degli intervistati  crede che le vittime siano state molte meno di  quanto riportino i libri di storia, cioè circa  17 milioni. Altro dato sorprendente, nel 2004 erano  “solo” il 2,7%.

Le sorprese però non finiscono qui. Gli increduli, quanto meno sui  numeri, sono particolarmente rappresentati a sinistra (c’entra la vicenda palestinese?), dove sono circa il 23,5%, e  al centro con il 23%, mentre la percentuale si abbassa a destra con l’8,8%.

Entrambe le celebrazioni sono state trascinate con forza dentro l’attualità e il dibattito politico. E non si è  loro reso un grande servizio.

Mi viene da dire che il risultato è stato, paradossalmente, a vent’anni circa dalla loro istituzione,  il contrario di quanto si volesse  ottenere.

Per la semplice ragione che quando si parla di memoria  e martiri ognuno ha i suoi e difficilmente riesce a conciliarli con quelli degli altri. Non c’è possibilità di sintesi.

Il compito di ricostruire le tragedie non può essere affidato alla memoria, bensì  a una rigorosa ricostruzione storica.

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