di Lorenzo Morandotti
Di fatto è una notizia, e come tale andrebbe trattata attenendosi alla nuda cronaca. Ma in questo caso si incrociano tante strade diverse, un nodo troppo simbolico per non tentare di slacciarlo almeno un po’: intreccia le (presunte) nuove frontiere della comunicazione e un modo antico di comunicare fra esseri umani diventato, complici le tecnologie e l’involuzione della specie, industria molto redditizia e onnipresente, dove dati alla mano lo sfruttamento (corpi ridotti a merce e il desiderio che trova soddisfazione automatica) diventa macchina da soldi spacciata per inno alla libertà. In mezzo, inconsapevole complice, il Lago di Como.
Di che si parla? Ecco i fatti. Una procace e poco vestita signora dai capelli rossi, pare suddita di sua maestà britannica ed ennesima regina del porno, il nome d’arte fa come l’eroina di un celebre romanzo inglese del Novecento, ha milioni di seguaci digitali. Gira alcuni video con un ignoto partner in cui la scenografia è un ramo di quel lago reso celebre dai “Promessi Sposi” e li pubblica sul portale più gettonato del genere. Ed ecco che la signora o chi lavora per lei aggiunge al titolo dei video e dei messaggi social che lo lanciano le paroline magiche “Lake Como”, sinonimo di esclusività e relax ormai internazionale che in tempi d’oro catapultava frotte di turisti più o meno danarosi sulle rive del Lario. Ora c’è la pandemia, e tra l’altro il suddetto portale web ha fatto notizia perché durante la quarantena ha attirato clienti con la chimera di visioni gratis. E i video hanno avuto decine di migliaia di visualizzazioni.
Al di là degli eventuali aspetti penali – visto che l’intimità non ha sede in un salotto privato ma all’aperto, in riva, su una spiaggia di ciottoli – in ballo c’è però anche l’immagine del lago in sé: tutto aiuta per lanciarla, ossia Parigi val bene una messa e via dicendo? Va bene tutto, persino questo genere di prodotti che fa leva sulle parti basse o addirittura infime dell’umano, in un mondo che pare abbia smarrito ogni senso del limite? E gli amministratori locali, che tanto si impegnano con il marketing territoriale a suon di slogan come la “Riva romantica”, che diranno? A qualche moralista verrà voglia di chiedere i danni per l’imbarazzante e non richiesta pubblicità che in nome del libero sesso in libero lido fa leva su un brand consolidato a livello mondiale, o viceversa ci si sfregherà le mani auspicando il sorgere di un genere di video specifico, Lariowood a luce rossa?
Ma basta ragionar di lor, guarda se ci tieni e passa ad altro. Il placido Lario ne ha viste di cotte e crude: le scorrerie del pirata Medeghino, la peste manzoniana, i fascisti in fuga e i misteri di Dongo. Digerirà anche questa.
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