Categories: Opinioni & Commenti

Meno ideologie e valutazioni a spanne

di Adria Bartolich

Una fastidiosa sensazione di déjà-vu, questo provoca la chiusura completa delle scuole a un anno esatto dall’inizio dell’epidemia, che rimanda a un senso di staticità, immobilismo e anche impotenza nel fronteggiare il virus. Dopo oltre 365 giorni di mascherine, disinfettanti, termometri, chiusure totali, parziali e riaperture, insomma, siamo ancora qui.

Possiamo fare tutti i predicozzi del caso e stigmatizzare le imprudenze, ma è un fatto che da questo virus ci libereremo solo dopo una vigorosa vaccinazione di massa. In Lombardia è partito il piano di vaccinazioni per gli insegnanti delle scuole. Era ora. La fine del tunnel sembra avvicinarsi ma ci vuole ancora molta prudenza e credo anche un approccio meno ideologico sul tema della scuola. Vedo granitiche certezze palesarsi ogni qual volta se ne parli.

Certo i ragazzi hanno bisogno di vedersi e frequentarsi, così come la gente ha bisogno di lavorare per vivere, e anche di sistemare i figli, ma è un fatto e non un’opinione che a ogni riapertura totale delle scuole il picco dei contagi si alzi vertiginosamente.

Evitiamo pure di parlare dei casi di delirio collettivo e delle manifestazioni dei negazionisti. Il tema non è se esista o meno il virus, ovviamente limitato a una minoranza di fanatici, quelli che rincorrono le ambulanze o aggrediscono gli infermieri perché il Covid è un’invenzione, bensì come arginarlo e con quali priorità. Meglio la didattica in presenza, ma ormai è anche provato che a scuola i contagi si propaghino.

Sono iniziate nuovamente le manifestazioni pro apertura degli istituti perché la scuola, si dice, è una priorità, e si parla di un prolungamento del periodo scolastico, come se fossero state sospese le lezioni. Credo sia ora di finirla di valutare le cose a spanne. Ci aspettiamo dal nuovo governo che soppesi attentamente le diverse situazioni.

Un recente rapporto di Save the Children mette in luce una difformità tra le diverse aree territoriali. Al nord frequenza regolare delle lezioni, seppur a distanza, e neanche un giorno di lezione perso; in molte aree del sud, invece, ragazzi che non solo hanno frequentato pochissimo, ma alcuni non sono mai stati raggiunti dalla didattica a distanza. Aggiungo io, in un Paese che ha più telefonini che abitanti – 62.750.000 utenti per circa 60 milioni di abitanti, davanti a noi solo Hong Kong (dati Onu) – e che quindi certo non difetta per la presenza di devices.

Conosco scuole in quartieri disagiati dove è stato necessario telefonare a tutte le famiglie per aiutare i ragazzi a connettersi. Certo è stato un lavoraccio ma si può fare. Anzi si deve, perché se il virus dovesse durare a lungo, le cose  non miglioreranno col piagnisteo bensì  rimboccandosi le maniche. Tutti.

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