Mente all’anagrafe per proteggere la figlia dal vero padre

Mente all’anagrafe per proteggere la figlia dal vero padre

«Sì, è tutto vero. Ma ho fatto tutto questo solo per proteggere mia figlia dalla violenza di suo padre».Si è giustificata così, davanti ai carabinieri nel corso delle indagini preliminari, una mamma di Como che ha deciso ora di patteggiare la pena ad un anno e mezzo. Secondo la procura, pubblico ministero Simona De Salvo, la donna è responsabile di «alterazione di stato», reato raro ma con pene molto elevate (fino ai 15 anni) che consiste nell’alterare lo stato civile di un neonato

attestando cose false di fronte all’ufficiale dell’anagrafe, in questo caso del Comune di Como. La storia che si è conclusa in tribunale – e sulla quale non forniamo ulteriori riferimenti per proteggere l’anonimato della piccola – risale a qualche anno fa. La mamma, una volta partorito, avrebbe mandato il marito, all’oscuro di tutto, a registrare la figlia all’anagrafe nascondendo come la piccola fosse in realtà frutto di una storia d’amore con un altro uomo. Non una relazione “clandestina”, sia chiaro, ma alla luce del sole e nata dopo la precedente separazione dal coniuge. Il nuovo compagno, tuttavia, si rivela – a dire della donna – per essere una persona violenta. Questo almeno è quanto viene raccontato ai carabinieri.Nel giro di un anno o poco più, insomma, la signora si riavvicina al marito.In grembo però porta un feto, presumibilmente concepito da poco perché il coniuge vive la gravidanza come se nulla fosse fino a che la realtà viene a galla. L’ex della donna, infatti, scopre che la vecchia compagna ha avuto un bambino e ricostruisce la storia: quella neonata è sua figlia. Da qui la denuncia in Procura e l’inizio dell’indagine che rivela come stanno effettivamente le cose. La signora, sentita dagli inquirenti, racconta la sua verità: «Non volevo che mia figlia crescesse con il mio ex, una persona violenta. Quindi ho deciso di tacere e di dichiarare il falso all’anagrafe». Il marito, che come detto era all’oscuro di tutto, è uscito dalla vicenda pulito. Non la moglie che tramite il suo avvocato – il legale Davide Arcellaschi – ha patteggiato davanti al giudice la pena di un anno e mezzo ridotta sia per il rito, sia per le attenuanti generiche, sia perché è stato riconosciuto alla donna «di aver agito per particolare valore morale o sociale». Nel corso delle indagini difensive infatti sarebbero state portate testimonianze a supporto della tesi dei rapporti turbolenti tra la signora e il padre naturale della piccola. La storia, ovviamente, non è conclusa. È pendente una inevitabile azione di disconoscimento della bambina da parte del marito che sarà seguita dal riconoscimento del papà naturale che ne ha reclamato la paternità.

Mauro Peverelli