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Misure anti-Covid, troppe lamentele ingiustificate

di Agostino Clerici

Faccio fatica a giustificare le lamentele diffuse di fronte al regime di chiusura deciso dall’ultimo Dpcm del Governo (quello che porta la data del 3 novembre). D’accordo, forse non arriverà alla sua scadenza naturale e sarà presto soppiantato da un ennesimo Dpcm con nuove prescrizioni. Sembra legittimo disquisire sulla identificazione delle zone rosse, arancioni e gialle, in base a 21 criteri numerici: è ovvio che, ad esempio, le immagini e le informazioni che provengono dalla Campania dicono di un rosso forte che contrasta paurosamente con il giallo assegnato dal ministro della salute. Mentre scrivo, la mappa colorata dell’Italia potrebbe già essere corretta e aggiornata.

Ci sarebbe da discutere anche sul palleggio dell’impopolarità che continua a verificarsi tra Regioni e Stato centrale: quando si deve prendere una decisione forte, si tende a metterla nel piatto dell’altro. La memoria mediatica, poi, contribuisce impietosamente a palesare forti contraddizioni tra dichiarazioni del medesimo soggetto anche a distanza di pochi giorni.

C’è poi l’angosciante dilemma tra salute ed economia, che viene talvolta rappresentato con l’alternativa secca tra il morire di Covid e il morire di fame. Problema vero, che però non deve farci dimenticare che l’urgenza primaria per non morire né di Covid né di fame è quella di rallentare la diffusione del virus – che in questi giorni è davvero devastante anche nel territorio di Como – per non far esplodere la situazione degli ospedali e non rendere di fatto impossibile la cura dei malati.

Non è nemmeno il momento per imbastire processi da inquisizione, che rischiano d’essere infarciti della solita ideologia contrapposta: ci sarà il tempo di mettere in movimento la macchina della giustizia per appurare le singole colpe per errori e inadempienze, quando tutti insieme si sarà vinta la battaglia contro il nemico comune, che è il coronavirus.

Ho il sospetto che le misure prese la settimana scorsa, pure a macchia di leopardo, siano in ritardo di almeno due settimane rispetto allo scopo preventivo che avrebbero potuto avere quando i numeri erano più bassi. Per cui allo stato attuale dovrebbe essere vietato lamentarsi. Anzi dovrebbe essere civicamente auspicabile che ciascuno ci aggiunga del suo, invece di intrufolarsi tra le maglie dell’interpretabile o del non scritto per ritagliarsi spazi di pericolosa libertà.

Mi ha spiacevolmente colpito, ad esempio, in un servizio sul lockdown milanese ascoltare una non più giovane signora, colta a camminare per le vie del centro cittadino, che confessava di essere uscita di casa solo per vedere la città deserta. Al giornalista che le paventava una multa se fosse stata fermata per un controllo, la signora senza scomporsi più di tanto ha dichiarato: «Qualcosa mi inventerò!».

Credo che, purtroppo, comportamenti simili non siano isolati. E rendono più difficile la pur labile azione di vigilanza sul rispetto delle norme.

La pandemia non va presa sottogamba. Anzi, dovremmo guardare come un esempio la decisione della Provincia Autonoma di Bolzano di auto-dichiararsi in fascia rossa, addirittura con qualche restrizione in più. Non ha aspettato che fosse il Governo a imporgliela, ha responsabilmente deciso di farlo da sola. Per il bene dei suoi cittadini, e forse anche della propria economia.

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