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Non solo Covid-19: urge cura per il virus dell’incertezza

di Giorgio Civati

C’era un virus che girava per il mondo ben prima del virus, di questo tragico e mortale Covid-19. Non colpiva i polmoni ma i nostri comportamenti, le nostre abitudini in maniera indiretta ma altrettanto pericolosa, partendo dall’economia per arrivare alle nostre tasche, al benessere più o meno diffuso, ai soldi e quindi alle vite di tutti noi. Era quello che potrebbe essere definito il virus dell’incertezza, derivante da guerre commerciali tra Paesi, dazi e voglie di protezionismo, concorrenze anche sleali tra le diverse parti del mondo, una globalizzazione esasperata che metteva a confronto costi di vita e quindi di manodopera lontanissimi, tasse differenziate e paradisi fiscali, con vantaggi da un certo punto di vista ma anche problemi enormi in un’ottica più generale. Cina, Turchia, Medio Oriente, Stati Uniti erano tutti collegati direttamente con l’Italia, con Como. Si trattasse di tessuti o mobili, vacanze o meccanica di precisione, era il mondo a dettare le regole, a stabilire riferimenti di prezzo, tendenze di gusti e voglie.

E ora? A pochi giorni da una ripresa delle attività economiche in Italia, cosa ci aspetta? Ovviamente le domande sono molte, risposte certe nemmeno una. Quel che appare evidente è che nessun decreto del presidente del Consiglio dei ministri può decidere che l’economia riparta: può lasciar riaprire le fabbriche, e questo è successo, ma non far girare l’economia “per legge”. Per quello, per la ripresa vera che permetterà agli imprenditori di pagare stipendi e tasse e ai dipendenti di portarsi a casa lo stipendio e non un qualche sussidio, una volta domato il Covid-19 servirà sconfiggere almeno un po’ anche l’incertezza. Quella incertezza che già prima era diffusa per altri motivi e che oggi, domani e chissà fino a quando sarà una costante subdola e strisciante nella nostra quotidianità.

Lo scatto verso una ritrovata normalità insomma ci pare dovrà essere anche psicologico: quando, a giorni, riapriranno i negozi avremo voglia di acquistare qualcosa che non sia gel disinfettante o mascherine? Un po’ più in là, il caffè al bar o la cena al ristorante (non in versione take away), magari vista lago che da queste parti ce ne sono di splendidi, ci porteranno a uscire di casa o la paura ci frenerà? E, ancora, che turismo sarà dopo questa pandemia, mentre già qualcuno ipotizza vacanze in tenda per non abbandonare, in sostanza, la propria casa ma solo trasferirla dentro un telo, ovviamente disinfettato, piazzato al mare o ai monti?

Si parla con sempre maggiore insistenza e preoccupazione di “nuovi poveri”, intanto qualcuno si chiede se sia peggio morire di virus o di fame. Senza che i morti e la tragedia sanitaria passino in secondo piano, c’è insomma un livello diverso dell’infezione mondiale che non può essere tralasciato, ed è quello economico.

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