Partite IVA, introdotta la nuova tassa da 500 euro | Se hai un’attività SEI FINITO: peggio di pagare il pizzo

Portafoglio con banconote - CorrierediComo.it (Fonte Pixabay)
Altro che agevolazioni per i liberi professionisti: l’ultima stangata da 500 euro può ridurre potenzialmente in miseria un’intera categoria.
Lavorare come libero professionista in Italia equivale a un giro sulle montagne russe: iniziale adrenalina, fiato sospeso e poi il salto nel vuoto, che talvolta può portare a una repentina salita… ma molto più spesso a un brutto tonfo a terra.
Certo, i vantaggi non mancano. Secondo un recente sondaggio, condotto su oltre 1.100 professionisti italiani, l’83% di essi si dichiara soddisfatto delle proprie scelte. La Gen Z, in particolare, sembra preferire l’autonomia al lavoro dipendente, e propende per una gestione elastica del proprio tempo libero.
Lavorare in proprio, inoltre, consente di selezionare i progetti che si preferisce portare a termine, nonché i committenti degli stessi; il regime forfettario, poi, rappresenta un incentivo concreto per chi fattura meno di 85.000 euro annui.
Un ottimo trampolino di lancio per chi non ha sufficiente liquidità o esperienza: per i primi anni di attività, la tassazione è agevolata al 5%, abbattendo i costi e permettendo a chi si affaccia a questo mondo di muovere i primi passi senza troppi traumi. La situazione cambia, però, quando si ha un’impresa ben avviata.
Non è tutto oro quello che… fattura
La macchinosa burocrazia italiana rappresenta l’incubo di ogni libero professionista: scadenze, obblighi e i continui aggiornamenti sulla normativa fiscale costringono milioni di professionisti a rivolgersi ai CAF o al proprio commercialista di fiducia. E il secondo, ovviamente, richiede un pagamento extra per i suoi servizi.
E la tassazione? Qui inizia una bolgia selvaggia. Chi supera i limiti del regime forfettario entra nel regime ordinario, dove l’IRPEF può arrivare fino al 43%. Ma non è tutto: occorre tenere conto dei costi di gestione e dei contributi previdenziali, elementi che spesso appesantiscono il carico fiscale fino a renderlo insostenibile. Ma non è tutto: chi ha un’attività accessibile alla clientela deve anche onorare il Canone Unico Patrimoniale, un’imposta che accorpa la tassa comunale sulla pubblicità a quella per l’occupazione di suolo pubblico, un tributo legato all’esposizione di cartelli, insegne, locandine e altri mezzi pubblicitari. E anche un semplice ritardo può trasformarsi in un grosso grattacapo economico, come accaduto a un ristoratore di Pordenone.
Multa da record per una dimenticanza
Siamo a Sacile, in provincia di Pordenone: qui, un ristoratore del luogo si è visto recapitare una multa da ben 500 euro per aver versato con qualche giorno di ritardo, poco più di una settimana, la tassa comunale sulla pubblicità. Paradossalmente, l’importo iniziale della tassa era di soli 60 euro: oltre al danno, la beffa.
Incredulo, il titolare dell’attività ha deciso di rendere pubblica la sua disavventura, sottolineando quando la sanzione sia sproporzionata rispetto all’infrazione: “Non ho evaso nulla, ho solo pagato in ritardo“, ha protestato vivacemente. E il Comune? Ha fatto spallucce, spiegando che suddetta sanzione è prevista dalla normativa vigente, e che non vi sono margini discrezionali. Attenzione, perciò: chi rimanda, paga.