Patrimoniale in arrivo: ecco la verità che il Governo non vuole far trapelare | chi verrà colpito per primo
Giorgia Meloni (credit: By © European Union, 1998 – 2025, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=172775752) - corrieredicomo.it
La patrimoniale non è solo una proposta messa all’angolo: sta continuando a echeggiare nei piani alti. Chi verrà colpito dalla misura.
Non è la prima volta che si parla di patrimoniale, ma quando a rilanciare l’idea è la voce del sindacato più grande d’Italia, qualcosa cambia. E per capire meglio, partiamo dall’inizio.
Maurizio Landini, segretario della CGIL, ha messo sul tavolo l’ipotesi di un’imposta tra l’1% e l’1,3% sui patrimoni, per finanziare sanità, trasporti e welfare.
Una misura che molti economisti considerano una forma di riequilibrio sociale, ma che, come prevedibile, ha subito sollevato un muro politico. Proposta che, da quanto trapelato, pare non essere appoggiata dal Governo. Ma davvero è proprio così?
Lo spettro della patrimoniale
Da un lato, ci sono i sostenitori. Oltre 130 economisti italiani hanno firmato un manifesto a favore di una tassa progressiva sui patrimoni, ritenendola una misura necessaria per ridurre la disuguaglianza e sostenere la spesa pubblica.
Diversi esperti, tra cui Enrico D’Elia e altri analisti fiscali, parlano di un rischio concreto di fuga di capitali e blocco degli investimenti, se la misura non fosse calibrata bene.
Chi la difende sostiene che non colpirebbe la classe media, ma solo quella ristretta fascia di cittadini con ricchezze milionarie (non sulla casa in campagna) – e che in Italia, secondo le stime, possiede più del 40% del patrimonio nazionale.
Il punto, insomma, non è solo ‘chi paga’, ma come: come si misura il patrimonio, quali beni si conteggiano, e soprattutto, chi garantisce che non siano i soliti a pagare di riflesso. E allora, la domanda sorge spontanea: ma dai piani alti cosa si pensa davvero? C’è qualcosa che, girandoci in torno, non ci dicono?

Il Governo dice no, la sinistra ci crede
La linea ufficiale è chiara. Il Governo Meloni, insieme a Lega e Forza Italia, ha escluso qualsiasi patrimoniale. Antonio Tajani lo ha detto apertamente: “Finché ci siamo noi, nessuna tassa sui risparmi degli italiani”.
Anche Fratelli d’Italia ha definito la proposta “una tassa ideologica che punisce chi ha lavorato e risparmiato onestamente”. Nella Legge di Bilancio 2026 non se ne parla, e anzi, compaiono misure di alleggerimento fiscale per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro, con IRPEF ridotta al 33%.
Discorso diverso invece per l’opposizione. PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra considerano la patrimoniale sui beni oltre i due milioni di euro, una strada di giustizia sociale, utile a riequilibrare un sistema dove i grandi patrimoni sono spesso tassati meno del lavoro. Secondo Landini, sarebbe un contributo ‘di solidarietà’ temporaneo, ma in molti lo vedono come il primo passo verso una riforma più ampia.
La verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Perché se da un lato la patrimoniale non è all’ordine del giorno, dall’altro resta l’idea – mai del tutto spenta – che prima o poi qualcuno dovrà intervenire lì, dove i numeri sono davvero grandi. E quando accadrà, sarà difficile dire che non ce l’aspettavamo.
