di Marco Guggiari
Grande è la confusione che regna sotto il cielo. Di questi tempi è esperienza comune e diffusa e questo vale oggi anche per lo status delle Province. Fra tre giorni sindaci e consiglieri comunali del Comasco voteranno per il rinnovo del consiglio provinciale. In un secondo momento l’assemblea dei sindaci eleggerà il presidente. È il sistema complesso escogitato da quando, per ragioni di spending review, è stata mutata la natura dell’ente intermedio tra Comune e Regione. Il fatto è che dal Decreto Salva Italia del governo Monti (2011) al referendum costituzionale voluto dall’esecutivo Renzi (2016) la Provincia è entrata in una terra di mezzo il cui orizzonte sarebbe potuto essere l’abolizione tout court ed è invece stato la sua stentata sopravvivenza. Un risultato poco voluto e molto determinato dagli eventi (in particolare il risultato del referendum costituzionale con la vittoria dei “no”), che però corrisponde in pieno alla tipica soluzione all’italiana. Le Province rimangono, ma la loro dotazione finanziaria è molto ridotta. E questo avviene indiscriminatamente, senza tener conto di quanto sia varia la realtà del nostro Paese anche in questo ambito. Soltanto nel 2009 giungeva al culmine l’allegra moltiplicazione di questi enti, che diventavano 110, una ventina dei quali con meno di 200mila abitanti. La Provincia di Como è finita nel calderone, come tutte le altre. Non si è voluto distinguere e tener conto delle specificità locali. Quella lariana è diventata Provincia niente meno che nel 1786, una delle sole 8 costituite in Lombardia dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena. Aveva il suo perché. Inglobava, tra gli altri, i territori di Varese e di Lecco, poi costituiti in Province in proprio rispettivamente nel 1927 e nel 1991. Il recente tratto di penna che pretendeva di cancellare, dapprima, questi enti e di farli, in seguito, sopravvivere come anatre zoppe, non ha tenuto conto delle funzioni provinciali. Pensiamo soltanto a tutto ciò che attiene alla manutenzione delle strade e delle scuole. Tra le prime figurano, tanto per esemplificare, asfaltature e salature antighiaccio. E non è poco su un territorio in parte significativamente montuoso. Tra le seconde ci sono la sicurezza degli immobili, il riscaldamento… Risultato: per consentire alle bistrattate Province di adempiere a questi e ad altri compiti (il trasporto pubblico è un altro di questi) che riguardano in modo molto diretto i cittadini, lo Stato ha dovuto più volte riconoscere a loro corposi contributi nel corso degli ultimi tre anni. A riprova del fatto che disfare è facile, ma se poi non si va fino in fondo e non si provvede in altro modo si è costretti a rimediare con penose e camuffate retromarce. E a dimostrazione anche del fatto che non sprecare è importante, ma poter funzionare di più.
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