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Quando la scuola viene travolta dalla burocrazia

di Adria Bartolich

Quest’anno era possibile introdurre in via sperimentale e assolutamente provvisoria il nuovo modello previsto per la redazione del Pei (Piano Educativo Individualizzato) previsto per gli alunni diversamente abili, per intenderci coloro che si avvalgono dell’apporto di un insegnante di sostegno. Fin qui, l’idea di predisporre un modello comune che omogeneizzasse la modulistica sul territorio nazionale, ha una sua razionalità.

Il problema vero è come vengono affrontate anche le cose più ragionevoli in Italia. Per cui, al vecchio “fai da te” si sostituisce una sorta di griglia con una serie di obiettivi e competenze misurabili, e al momento siamo ancora nella ragionevolezza. Da qui in poi, però, inizia l’escalation di follie. Il modello, ripetitivo e assolutamente poco chiaro, prevede l’introduzione di una serie di date che vanno da quella della diagnosi funzionale al richiamo delle date delle riunioni del Glo (Gruppo di Lavoro Operativo) nel quale è prevista la presenza, oltre che dell’insegnante di sostegno e degli altri insegnanti della classe dell’alunno, anche quella del neuropsichiatra e dell’eventuale educatore comunale. La faccenda inizia a complicarsi, soprattutto in epoca di pandemia e lavoro a distanza. Riunire il Glo al completo è infatti stato pressoché impossibile.

Ragion per cui le riunioni che nel frattempo sono diventate tre all’anno, una iniziale e altre due per la verifica intermedia e finale, spesso sono ridotte a una sparuta presenza dei docenti volonterosi alle quali i neuropsichiatri di riferimento non riescono a partecipare, complice il superlavoro nel quale sono sommerse le neuropsichiatrie infantili. Ma non finisce qui. Oltre alla riunione, che si aggiunge a quelle ordinarie dei Consigli di classe,  e ovviamente alla redazione della parte del Pei che si deve approvare, occorre predisporre un verbale di un paio di pagine con il riassunto della riunione che spesso è poco più di un tête-à-tête, a cui segue la raccolta firme autografe dei presenti. Il rito si ripete per ben tre volte. Stessa cosa per il Pei che va spedito a tutti i supposti partecipanti. Ma attenzione! Bisogna tener conto della normativa sulla privacy, quindi non nominando l’alunno, ma usando le iniziali del nome e iniziando la caccia al tesoro quando ci sono due alunni con le stesse iniziali, per poi farlo firmare a tutti i componenti del consiglio di classe, più neuropsichiatra ed eventualmente dall’educatore.

Per ben tre volte, perciò, almeno quindici firme ripetute. Il modulo è talmente chiaro e poco ripetitivo che, dopo una serie di riunioni senza risultati visibili, il ministero ha deciso di organizzare un webinar di due ore per fornire spiegazioni, cui si è aggiunta una serie di slide, una trentina (tutto per compilare un modulo!) e infinite chat tra i docenti disperati per la complessità del modello. Il risultato finale è un Pei di una ventina di pagine, praticamente incomprensibile, ripetitivo e confuso al quale l’unico elemento di chiarezza che si può aggiungere è una relazione finale tradizionale che spieghi davvero com’è l’alunno. Fermate questa follia cartacea. Soprattutto pensate se tutto questo tempo speso nelle compilazioni fosse dedicato a ore di recupero per l’alunno, che vantaggio sarebbe per tutti.

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