di Lorenzo Morandotti
Quanti concerti memorabili un appassionato si porta nel cuore? Il numero può essere variabile. Dipende anche dai luoghi. Björk al Regio di Parma, Roger Waters al Madison Square Garden e Peter Gabriel al Forum di Milano sono per il momento il mio podio.
E se il pensiero va ai tanti recital in un luogo che probabilmente dovrà dire addio definitivamente alle note ossia il Casinò di Campione, vengono in mente quelli dei Blondie (ebbene sì, nel secolo scorso ho ballato con una scatenatissima Debbie Harry scesa tra il pubblico), di James Brown e di una irritatissima Ute Lemper che a metà live, forse per le mandibole e le posate troppo sonore del pubblico intento a degustare la cena, abbandonò il palcoscenico.
Ma sì, perdiamoci sul filo del ricordo in mancanza di musica (chissà lassù come gongola Glenn Gould che abbandonò i concerti per la sala d’incisione). In epoca di virus, a soffrire il silenzio è anche il mondo delle note, con tutto ciò che concerne l’indotto e la filiera che lo riguarda.
Da settimane è tutto un rosario di comunicati che annunciano cancellazioni e posticipi. Ieri è arrivato l’annuncio che Lugano ha deciso causa pandemia l’annullamento delle edizioni 2020 di tre festival musicali, la Quairmesse (prevista il 30 e 31 maggio), il Roam Festival (23-25 luglio) e Blues to Bop (27-30 agosto). «Basate sull’energia aggregativa che solo la grande musica all’aperto sa infondere, le tre manifestazioni non avrebbero potuto trovare una declinazione organizzativa compatibile con le norme in vigore, indispensabili per garantire uno svolgimento in sicurezza», questo annuncia la grida luganese.
E l’amara pillola si aggiunge a un altro rospo già ingollato negli scorsi giorni quando anche gli organizzatori di Estival Jazz, storico festival sostenuto dalla Città di Lugano, avevano comunicato la rinuncia all’edizione di quest’anno. Quando la musica tace è un male per tutti, forse per questo dall’inizio della pandemia ci si dà tanto da fare su Internet con concerti solisti e di gruppo. Ma non disperiamo.
Nel 1946 Toscanini, settantanovenne, ritornò in Italia per dirigere lo storico concerto di riapertura del Teatro alla Scala, entrato nella storia come il “concerto della liberazione”. Dopo tanta attesa, il boato dei pentagrammi sarà immenso.
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