Quanta memoria giace negli archivi

di Lorenzo Morandotti
Molte storie partono dal ritrovamento di un manoscritto. Pensiamo ai Promessi sposi di ambientazione lariana, a Il nome della rosa di Umberto Eco. Un espediente narrativo ormai classico. Ma anche un modo per conoscere il passato.
Un libro recente edito da Einaudi, raccomandabilissimo, sottolinea il ruolo prezioso della ricerca negli archivi, capsule del tempo capaci di conservare preziose storie e memorie di vita. Il libro (nella foto, la copertina) è della storica Fernanda Alfieri e si intitola Veronica e il diavolo. Storia di un esorcismo a Roma.
Grazie a un fascicolo scoperto durante una ricerca nell’Archivio generale della Compagnia di Gesú, emerge la storia scandalosa (per il crudo realismo dei verbali) e perturbante (per lo scenario culturale che ricostruisce) di una giovane donna, Veronica Hamerani, la cui isteria, ossia una malattia mentale, viene confusa per possessione diabolica e come tale trattata e sondata. Non siamo nell’oscurantista medioevo ma nella prima metà dell’Ottocento.
Un esempio chiarissimo, raccontato in modo mirabile grazie a una grande passione intrecciata con un altrettanto fondamentale rispetto per le fonti e per la persona umana che esse trasmettono, che ci fa capire una volta di più quanto gli archivi, si diceva, siano importanti. Pensiamo a quello dell’ospedale psichiatrico San Martino di Como, i cui presupposti storici vengono raccontati nel libro di Gianfranco Giudice Un manicomio di confine edito da Laterza nel 2009.
Sullo stesso argomento, Mattia Conti, giovane narratore lecchese, ha intessuto un bel romanzo edito da Solferino, Di sangue e di ghiaccio che abbiamo presentato nel nostro festival Lariobook nel 2019. Tante perle da scoprire, a saper cercare. A proposito: pare che in biblioteca a Como ci siano lettere inedite del giurista lariano del ’500 Andrea Alciato, che corrispondeva con autorità europee come Pietro Bembo ed Erasmo da Rotterdam.