di Lorenzo Morandotti
«Andiamo? – Andiamo pure». Con acume leggero ma curioso di poeta, nel segno dell’incipit della mirabile quanto arcinota poesia La passeggiata di Aldo Palazzeschi, inventiamoci un percorso nella città di Como che vuol dirsi turistica e non sa rimpiazzare se stessa senza tradirsi, pur pullulando nuovamente di avventori come un centro commerciale a cielo aperto.
Ed ecco vari biglietti da visita targati “degrado”, prendiamone a simbolo gli ormai nefasti caramelloni abbandonati a se stessi in prossimità di stadio e piazza San Rocco, non più pubblicitari come erano usciti dalla mente del geniale designer Ico Parisi. Lo stesso che con il suo cubo di cemento con auto imprigionata in piazza Cavour, ossia nel salotto buono cittadino, quasi trent’anni fa mise letteralmente alla berlina la piaga del traffico che è sotto gli occhi e i nasi e lo orecchie di tutte e tutti ancora oggi.
Se poi schivi le buche nel selciato e i rifiuti e volgi lo sguardo sugli edifici ecco tante occasioni in cui Como che ha avuto padri nobili, dai maestri comacini al razionalismo, in termini di architettura potrebbe essere il laboratorio che ancor non è: tante aree dismesse, tante facciate e cubature rivedibili, ripensabili, tanti cantieri fermi al palo. Un laboratorio cui servono oltre all’olio di gomito e all’inventiva il coraggio di osare e rigenerare il vecchio per far spazio all’abitabile nuovo e soprattutto a cubature sostenibili e non meramente speculative.
Viviamo un’epoca di radicali metamorfosi, sempre più repentine e talvolta improvvise come la pandemia. L’architettura deve contare di più a Como, essere il segno forte di questa capacità di metamorfosi perenne, ricordare ciò che va ricordato e mantenerlo ma anche avere la volontà di osare, demolire e rifare perché nulla in realtà si distrugge o si crea ma tutto si trasforma come insegna il postulato fondamentale del grande Antoine-Laurent de Lavoisier su cui si basa nella fisica classica la legge della conservazione della massa. Invece qui si conservano grandi masse di inutili e infecondi ciarpami, problemi che si ingigantiscono perché all’orizzonte manca chi è pronto a risolverli.
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