Rodolfo Ceré, parla lo chef poeta di Drezzo

Chef e scrittore, il comasco Rodolfo Cerè ha già conquistato da
tempo il pubblico della poesia e pubblica due nuovi libri da
Lietocolle, l’editrice di Faloppio fondata da Michelangelo
Camelliti.Spiegate alle veleospita i disegni di Alberto
Casiraghy, celebre artista nonché editore di Osnago. In
contemporanea Lietocolle pubblica anche la raccolta di versi di Cerè
Il giorno del panettiere. Ceré, classe 1979, è un poeta e
scrittore lariano di origine che vive e lavora a Zurigo. A Colverde,
nella biblioteca di piazza Miglio 10, venerdì 17 alle 21 presenterà
le sue nuove raccolte. Ceré lavora da tempo come chef
professionista e sa trasferire nella scrittura la pazienza e la
maestria dell’artigiano che crea piatti semplici ma ricchi di
sapore e sostanza. Ingresso libero.
“La cucina e la poesia – dice
Cerè – sono create dalle mani, quindi il
tocco, la conoscenza del linguaggio e la sapienza nel dosare
sono fondamentali. Sicuramente una buona poesia può essere sia
scottata velocemente come su una piastra oppure rimestata ogni tanto
in un tegame dimenticato a fuoco lento, indispensabili sono però la
scelta e la lavorazione della materia prima. I menù oggi sono molto
declamati, ma nella declinazione di piatti.Si elencano ingredienti,
tecniche e preparazioni ma in funzione della singola portata.Il menù
va declamato dai gusti, dalla sequenza di aromi e combinazioni che
devono rispecchiare la mano dello chef e l’anima della terra, e poi
dal silenzio, quel deflagrare di papille che chiude la bocca per dare
al gusto il ruolo di protagonista”.
Ma
come si vive da italiano a Zurigo?
“A
Zurigo sono presenti più di 50000 italiani, quindi uno su dieci lo
è. Questa comunità è composta dai vecchi emigranti degli anni
60-70 con i loro figli e nipoti ( che sono completamente integrati)e
dai nuovi migranti, professionisti e laureati che vengono qui per
lavoro e carriera.Si può sentire e parlare l’italiano sui tram,
nei negozi, dal parrucchiere, nelle banche e ovviamente nei
ristoranti.Io mi sono trasferito per amore perciò vivo bene, ma
parlando di italiani mi sembra quasi che molti vivano in bilico tra
una sensazione fatta da una sorta di malinconia e tristezza
nostalgica per il passato, le bellezze lasciate in patria, e per un
certo stile di vita, ma altrettanto dalla consapevolezza di essere
integrati in un sistema sicuro, in un posto dove il lavoro viene
pagato e riconosciuto e dove si può vivere in tranquillità, in una
città moderna a portata di uomo che sa anche offrire molto ai suoi
abitanti.Ma credo questa sia una sensazione comune a tutti quelli che
hanno lasciato casa”.
Quale
lievito di letture fa maturare la tua poesia e scrittura?
“Il
lievito principale che mi nutre viene dagli aforismi perché in una
sola frase racchiudono verità e considerazioni sull’esistenza e
sulla società, tra i molti lieviti cito Flaiano .Leggo i poeti
italiani del 900 e contemporanei, e l’anno scorso ho seguito le
tracce di Neruda in Cile che mi hanno ispirato.Mentre tra gli
scrittori ho un debole per gli americani da Faulkner a Roth,da
Steinbeck a Wallace, sembra che quella terra sia perfetta per
raccontare il teatro della vita. Anche se, trovo Pavese, Buzzati,
Levi, e molti altri italiani indispensabili per un percorso di
maturazione”.
-Consigli
a uno scrittore e a un lettore esordienti? “Forse di rimanere
esordienti. Approcciare le cose come se fosse la prima volta, dà
modo al nostro inconscio di vederle sempre con quell’entusiasmo che
col tempo e lo spirito critico va scemando. Cercare di essere
onnivori, leggere e scrivere di tutto, perché per crescere prima
bisogna formarsi quindi più si riesce a conoscere più si riuscirà
a trasmettere.La scrittura e la lettura sono e devono essere dei
piaceri, per i quali bisogna investire tempo e risorse ma dai quali
lo sviluppo di una persona deve attingere a piene mani”.