di Adria Bartolich
In questi giorni le scuole stanno predisponendo gli istituti per il ritorno alle lezioni in presenza a settembre, e non è un compito facile. Tutte le magagne strutturali e di sistema che la buona volontà rimedia in tempi di funzionamento ordinario, non saranno più rimediabili nei consueti modi in un tempo che richiede misure straordinarie come quello del Coronavirus.
Lasciamo stare per un attimo ogni preoccupazione relativa alla recrudescenza del Covid-19 che non è priva di fondamento ed è presente nella nostra vita quotidiana; anche se la situazione dovesse prendere una buona piega e seppur lentamente normalizzarsi, rimane però quella relativa alla gestione di tutte le misure preventive che si dovranno attivare all’inizio dell’anno scolastico con regole stringenti e situazioni strutturali che, invece, ne ostacoleranno l’applicazione.
Senza perdersi in dettagli, i problemi sono sostanzialmente di due tipi: la situazione degli edifici scolastici, compreso il fatto che molte delle nostre scuole sono vecchiotte e spesso prive della manutenzione necessaria per rendere gli spazi funzionali, e quella degli organici e del personale di cui dispongono le scuole, non in teoria ma nella realtà. Tutti coloro che hanno a che fare con la scuola sanno bene che queste due condizioni raramente si verificano in maniera ottimale, soprattutto contemporaneamente.
Nonostante tutte le alchimie per aggiustare i criteri, metri statici e metri dinamici, con adozione di quello statico che prefigura situazioni improbabili e cioè ragazzi che stanno fermi, le difficoltà a riorganizzare il lavoro scolastico per sventare le subdole ed insidiose azioni del virus ci saranno, soprattutto nel garantire lo stesso monte ore, le misure di sicurezza e la condizione imprescindibile della presenza di tutto il personale per garantire il servizio minimo.
Non parliamo di efficienza ma semplicemente di garanzie che il servizio possa rimanere attivo, sapendo che il periodo non è uno dei migliori per scherzare. Un bidello assente o nullafacente creerebbe dei rischi sociali immensi, così come un docente che non si presentasse a scuola – non sempre per negligenza ma anche per necessità – soprattutto nella prima ora del mattino e lasciasse l’istituzione nell’impossibilità effettiva di procedere a una sua tempestiva sostituzione.
Si dice che si potranno chiamare anche studenti dell’università, ma già si fa da tempo. Molte cattedre sono libere e non riusciamo a coprirle, ma il ministro dell’Istruzione dovrebbe dire anche due parole su coloro che, pur avendo una cattedra, non si presenteranno in servizio. Niente di punitivo, per carità, ma misure che garantiscano la loro presenza sì.
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