di Giorgio Civati
Come siamo arrivati, di nuovo, in questa situazione? Come ci siamo ritrovati, dopo la chiusura totale di marzo e aprile e l’euforia – immotivata – dell’estate, in una situazione sanitaria ancora fuori controllo, con nuove misure restrittive e preoccupazioni diffuse sia per la tenuta del sistema sanitario che per la stabilità economica ma anche sociale, e una nuova chiusura che parte proprio oggi?
Le risposte sono molteplici, così come le responsabilità e le leggerezze, a ogni livello. Su un aspetto, però, ci pare utile riflettere ed è quello che riguarda una incapacità diffusa di molti di noi, quasi tutti, a rispettare le indicazioni, attenersi alle precauzioni consigliate, fare ciò che va fatto.
Alle regole, a quanto pare, obbediamo: ci hanno chiusi in casa in primavera e lì siamo rimasti. Poi, però, ci hanno detto che si poteva uscire e fare quasi tutto ma con le dovute cautele e abbiamo sbracato. Distanziamento, mascherine, lavaggio frequente delle mani sono tornate un optional quando invece erano ancora una necessità.
Colpa dell’uomo “medio” e mediamente imbecille, categoria nella quale rientriamo più o meno tutti compreso chi scrive. E, però, se siamo qui, oggi, in questo secondo lockdown, chi si è assunto la responsabilità di governarci, da Roma al minuscolo comunello, doveva saperlo che siamo inaffidabili. E quindi provvedere.
Parliamo di controlli: tra marzo e aprile con pochissime persone in giro era facile, ma con la riapertura – regolata, parziale, da gestire con mille attenzioni almeno sulla carta – proprio i controlli sono diventati troppo blandi. E noi, tutti noi o quasi, abbiamo vissuto con una leggerezza che non ci era consentita, che non ci doveva essere consentita.
Dunque, va dato per tristemente assodato che non siamo capaci più di tanto di autogestirci. Non stiamo invocando multe e magari galera, ma semplicemente indicazioni, raccomandazioni, anche rimproveri se è il caso, da parte dell’autorità nelle sue forme più semplici e concrete e cioè le forze dell’ordine in genere. Senza nessuna pretesa di valore statistico, riportiamo che da maggio a oggi, da comaschi qualunque, abbiamo assistito personalmente a un solo richiamo da parte di un vigile a gente senza mascherina quando invece era obbligatorio indossarla. Un po’ pochino…
E la troppa gente al bar? E le passeggiate in gruppo in viale Geno o ai giardini a lago? E le leggerezze, l’incoscienza, il menefreghismo di molti, qui come altrove? E gli assembramenti, solo qualche giorno fa per esempio, per andare a sciare, tutti ammassati agli impianti di risalita? E le spiagge, i bagni, le feste, le cene e gli aperitivi?
Da Como a Roma passando per ogni angolo d’Italia ci pare evidente che chi doveva controllare non l’ha fatto a sufficienza. Le forze dell’ordine avevano anche altro di cui occuparsi, sia chiaro, ma molto è andato storto. C’erano, ma non abbastanza.
È una resa, questa, una triste ammissione dell’incapacità di tutti noi di autoregolamentarci e di salvaguardare la salute nostra e degli altri. Ma in questa situazione di emergenza, occorre l’onestà di riconoscerlo: controllateci, anche in questa nuova fase partita oggi, da soli non ne siamo capaci.
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