Coronavirus e controllo dell’ansia

di Mario Guidotti

Tra gli effetti nocivi, molto spesso sconfinanti nella patologia, che riceviamo da questa nuova ondata epidemica di Coronavirus, non si parla abbastanza dell’ansia che genera. Chi non ne soffre pensa che sì, dai, un po’ di paura, un po’ di stress ci stia, ma non diversa da tante altre situazioni della vita di tutti i giorni. Invece no, in tante persone questo stato di allarme continuo, perdurante, in più riacceso ogni giorno da notizie inquietanti e contraddittorie, genera una condizione che sfocia in malattia, con effetti molto negativi.

L’ansia, lo sappiamo, è al tempo stesso una reazione normale e un disturbo. È un fenomeno funzionale, destinato a sollecitare una risposta mente-corpo adattativa agli stimoli esterni. È un sistema di allarme fisiologico del mondo animale: il gatto avvicinato dal cane aumenta il battito cardiaco, la pressione arteriosa, libera zuccheri in grande quantità dal fegato, tende i muscoli, erige il pelo, alza la coda ed è pronto allo scatto. Non è diverso nella razza umana quando si deve sostenere un esame, svolgere un concorso, un gesto sportivo, ma anche quando si vede passare un vigile o un agente della finanza (ahimè, la coscienza sporca).

Il fenomeno può essere fisiologico, ma come tanti funzionamenti automatici, cioè vegetativi del nostro corpo, può anche essere difettoso, in eccesso per esempio, e disturbarci fortemente.

La troppa ansia può avere un effetto “bloccante” su restanti funzioni neurologiche ma anche di altri organi. La memoria per esempio può difettare e anche paralizzarsi se l’ansia è in eccesso, intendendo con questo sia in acuto ma anche in continuo, come appunto sta avvenendo in questo penoso anno del Covid. L’ansia in surplus può presentarsi al nostro cervello come un vero e proprio diaframma che non consente ad altre attività di entrare in azione, così ne risentono, oltre alla memoria, anche le facoltà esecutive e programmatiche.

Appunto, siamo bloccati, paralizzati dall’ansia, e non riusciamo a fare altro che tornare sulle solite notizie, nella speranza che siano migliori, con il risultato che ne rimaniamo sempre più imbrigliati, quasi schiavi, rinunciando al resto della nostra vita. C’è poi chi finisce per somatizzare quest’ansia, perché il proprio sistema nervoso oltre un certo livello di allarme non lo sopporta più e lo scarica su organi diversi. Ne seguono insonnia, disturbi digestivi, intestinali, ipertensione arteriosa, cefalea, ma anche malattie della pelle e dei suoi annessi.

Come fare quindi? Primo, la categoria che si occupa della comunicazione deve farsi un bell’esame di coscienza. Chiediamo poche notizie e certe, possibilmente non contraddittorie e da fonti attendibili. Chi invece sta male non sottovaluti, non tenga per sé il sintomo ma ne parli subito con il proprio medico per non ammalarsene e non cronicizzarlo. La consapevolezza della propria frangibilità è il primo passo della guarigione.

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