Il desiderio disumano di vivere senza il tempo

di Agostino Clerici
In un’isola della Norvegia a Nord del Circolo polare artico
i trecento abitanti stanno tentando una improbabile rivoluzione, quella contro
il tempo. Bisogna sapere che a Sommarøy quest’anno il sole non tramonta dal 18
maggio al 26 luglio, con oltre due mesi senza buio (e poi si avrà anche un
lungo inverno senza albe). Roba da impazzire, e in effetti stress e depressione
non mancano certo a queste latitudini.
Ecco che la popolazione dell’isola ha fatto una petizione alle autorità
per chiedere di poter vivere senza tempo e senza orari. E di fatto, come segno
esteriore di questa volontà popolare, gli orologi degli abitanti sono stati
appesi sul ponte che unisce Sommarøy alla terraferma.
In effetti servono a poco, soprattutto in questo periodo in
cui «mattino» e «sera» sono pure convenzioni non supportate dai ritmi naturali
del sole. I bambini giocano all’aperto e sono magari le due… di notte. Vedi una
famiglia mangiare in giardino alle cinque del mattino e potrebbe essere la
colazione, il pranzo o la cena. Per non parlare degli orari di lavoro. Insomma,
forse è meglio che ciascuno decida in proprio come gestire il suo tempo, senza
bisogno di sveglie o campanelle, ed è questo che i cittadini chiedono al
Governo in questa strana campagna per la lotta al tempo, che sta riscuotendo
interesse anche in altre zone della Norvegia.
C’è tutta la parvenza di una rivoluzione, ma il bersaglio è
sbagliato. Non può essere il tempo, perché non può esistere una «zona libera
dal tempo» se non completamente disabitata. I trecento abitanti di Sommarøy
dovrebbero tutti abbandonare il loro isolotto per liberarlo dal tempo. Ma non è
questo che vogliono.
Facciamo un balzo di sedici secoli e di cinquemila
chilometri. Un famoso intellettuale nordafricano, vescovo di una assolata
cittadina affacciata sul Mediterraneo, in un impeto di ozio si domandava che
cos’è il tempo. «Se nessuno m’interroga lo so; se volessi spiegarlo a chi
m’interroga, non lo so», così rispondeva Agostino di Ippona in alcune pagine
giustamente famose dell’undicesimo libro delle Confessioni. Il tempo è una
dimensione essenziale dell’essere umano, è il distendersi della sua coscienza
che ricorda e che spera. Il passato e il futuro non esistono, il presente è
inarrestabile: solo l’uomo è capace di misurarlo, anzi non può farne a meno. Il
tempo è il suo modo di essere.
L’orologio non misura il tempo, ma è una convenzione tra
uomini per vivere insieme e mettere d’accordo in qualche modo le singole
coscienze misuratrici del tempo. O meglio, lo era in epoche meno individualiste
delle nostre. Adesso ciascuno vuole fare a modo suo. In effetti, la petizione
degli abitanti dell’isola norvegese è stata scritta senza troppa filosofia, in
un impeto di pragmatismo, ispirato a una flessibilità felice e individuale:
scuola e lavoro non sono delle gabbie, niente inutile fretta, negozi sempre
aperti, più libertà anche per i turisti. Ideali che hanno bisogno proprio di
tempo per divenire realtà! Una «zona libera dal tempo» è un desiderio disumano,
alla fine irrealizzabile. A Sommarøy chiedono soltanto una «zona
deorologizzata», perché, in assenza di giorno e di notte, ciascuno possa
gestire come meglio crede il quadrante della sua vita. Ma ho il sospetto che alla
fine vincerà l’orologio.