La scuola non può far fronte a tutto

di Adria Bartolich
Rieccoci alle prese con l’innalzamento drastico della curva epidemiologica che il lockdown di marzo aveva rallentato. Cos’è successo nel frattempo ? In mezzo c’è stata l’estate con le sue allegre comitive festaiole, poi la ripresa, seppur variabile per intensità e modalità, delle attività produttive, infine la riapertura delle scuole. Partiamo da una considerazione persino banale: durante un’epidemia le persone devono stare distanti. I virus infatti infettano per vicinanza e contatto.
Non ci sono storie. Perciò , continuando con la fiera dell’ovvio, tutte le occasioni che aumentano i contatti tra le persone rappresentano altrettante opportunità per il virus di saltellare di qua e di là e svolgere la sua funzione principale, accaparrarsi un organismo con condizioni tali da consentirgli di sopravvivere.
In più è arrivata la stagione fredda, che pare sia quella dove il virus viva meglio. Tutte le azioni di contrasto che si possono mettere in opera sono orientate quindi a distruggere le condizioni che favoriscono la sua sopravvivenza. Sul clima si può fare poco.
Disinfettanti e mascherine possono fare molto, ma se le persone stanno vicine, ad esempio sui mezzi di trasporto dove gli studenti viaggiano compressi come sardine, il rischio di contagio c’è.
Tra l’estate e l’inizio dell’autunno c’è una differenza di movimentazione di circa 8 milioni di persone. Sono studenti che entrano nelle scuole dove si sanifica tutto, si usano le mascherine, si disinfettano le mani, si prova la febbre a chi ci lavora, i banchi sono distanziati, le aule vengono areate continuamente, si entra e si fanno gli intervalli a turno, è vietato passarsi materiale, gli insegnanti prima di uscire dalla classe disinfettano cattedra, consolle del pc, sedia e tutto quello che hanno toccato, e appena un alunno si sente male gli viene misurata la febbre e rispedito immediatamente a casa se ha un sintomo riconducibile al Covid. Anche se alcuni sono banalmente sintomi delle influenze stagionali. A questo punto, prima di tornare a scuola i genitori del ragazzino, a cui spetta l’onere di misurargli la febbre tutti i giorni, e a volte non lo fanno , devono consultare il medico e possono fare tornare a scuola il figlio con la loro autocertificazione nella quale dice in sostanza che non ha contratto il Covid, oppure col certificato medico e il risultato del tampone negativo.
A volte però si stufano e motivano la giustificazione con i motivi familiari, o litigano coi docenti che li chiamano al lavoro per portare a casa il figlio. Inutile dire che la scuola è un’enorme occasione di vicinanza. E perciò un rischio. In sintesi, la scuola fa del suo meglio ma non può nulla sui contesti esterni degli alunni che a volte non funzionano, anche se rappresenta lo spazio dove i risultati dei vari contesti entrano in contato tra di loro. La scuola è di tutti ma non può fare fronte a tutto.
Non da sola.