Atr 42, tragedia aerea nei cieli del Lario. Una messa nel ricordo delle vittime

Il Sacrario si trova poco più in basso a fianco della strada che collega Lasnigo a Barni, a poca distanza dal Rifugio Madonnina, sui monti del Triangolo Lariano. Il monumento, nella foto, ricorda la vicenda tragica dell’Atr 42 “Città di Verona”, l’aeroplano in volo tra Milano e Colonia che cadde a pochi metri di distanza, a Conca di Crezzo, il 15 ottobre del 1987, 34 anni fa.Sabato scorso nella chiesa parrocchiale di Barni, alle 17, è stata celebrata una messa di ricordo delle vittime. Anche per quest’anno, come nel 2020, non ci sarà la consueta cerimonia pubblica nel punto della caduta; una scelta legata alle problematiche del Covid.Si è comunque deciso di proporre un momento di raccoglimento e di commemorazione, come chiesto da Rinaldo Pozzi, comandante che è sempre stato in prima linea con il supporto delle istituzioni locali, per far sì che la disgrazia nei cieli del Lario non venisse rimossa dalla memoria.Nella circostanza è stato ricordato anche Don Emilio Lorvetti, per anni parroco di Barni, scomparso nel mese di agosto del 2018, che fu tra i primi a prodigarsi nei soccorsi e che negli anni ha sempre tenuto ad onorare la memoria delle persone che persero la vita in quella circostanza.Era la sera 15 ottobre del 1987, caratterizzata da nuvole, pioggia e freddo: l’aereo Atr 42, detto Colibrì, in volo tra Milano-Linate e Colonia, in Germania, cadde in una zona impervia a circa 750 metri di quota. A bordo c’erano 37 persone: nessuna sopravvisse. La maggior parte di loro era di nazionalità tedesca.Tre erano membri dell’equipaggio: Lamberto Lainè, 43 anni, di Roma, comandante; Pierluigi Lampronti, 29, di Trieste, secondo pilota; Carla Corneliani, 35 anni, di Mantova, assistente di volo.L’aeromobile era denominato “Città di Verona”, la sua sigla I-ATRH. «Stiamo precipitando» fu l’ultimo urlo del pilota alle 19.29. Il velivolo era partito quindici minuti prima, in ritardo di circa un’ora sulla tabella di marcia, proprio a causa del maltempo e dell’intenso traffico nei cieli della Lombardia.Poi, sopra Lecco, lo stallo dovuto alla formazione di ghiaccio sulle ali e la caduta nel Triangolo Lariano: tutto in 48 secondi, come poi è stato accertato dalle registrazioni della scatola nera.Il ricordo per chi ha vissuto quella tragedia è rimasto indelebile. Subito dopo lo schianto, molti cittadini della zona giunsero sul posto per le ricerche, non facili, perché il punto della caduta era in un luogo impervio. Servì qualche ora per trovare i resti dell’apparecchio, con tutti i soccorritori che nel frattempo erano confluiti sulla strada che porta al Colle del Ghisallo.Una notte vissuta con le sirene dei mezzi che ininterrottamente si spostavano verso il Triangolo Lariano, mentre da Onno, sotto la Conca di Crezzo, con un potente faro si cercava di illuminare il punto dell’impatto. Nebbia e maltempo non aiutarono il primo intervento. Ci volle qualche ora per trovare i resti dell’aeromobile. Fin da subito si capì, drammaticamente, che non c’erano stati superstiti.Alcuni testimoni della tragedia raccontarono di aver visto il velivolo passare a bassa quota e scomparire nei boschi e di aver poi udito un boato, una forte esplosione.Al vicino Rifugio Madonnina venne allestita la centrale operativa, mentre alla palestra del centro sportivo di Asso vennero poi portate le bare con i resti di equipaggio e passeggeri.Una vicenda che poi ha avuto una ulteriore coda tragica, con la morte del carabiniere 19enne Massimo Berth, vittima di un incidente stradale mentre era operativo nella zona dei soccorsi.Nel 2017, per i tre decenni dal disastro, si è svolta una cerimonia sentita e commovente. Al Sacrario erano in tanti, a partire da alcuni testimoni della tragedia, gli alpini di Barni che all’alba del 16 ottobre ritrovarono i resti dell’aereo e ricordano ancora i vestiti sugli alberi come se fossero bandiere, e, particolare drammatico, i resti umani sparsi ovunque.C’erano poi piloti, compagni di corso di Pierluigi Lampronti, alcuni parenti delle vittime dell’incidente di Linate del 2001 (proprio ieri era il 20° anniversario), l’astronauta Maurizio Cheli e i familiari di Alberto Rovelli, 33 anni, di Vimercate, uno dei passeggeri che ha perso la vita a Conca di Crezzo.