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  • Caso Asf, l’ex assessore Molinari (FdI) chiede di reinvestire gli utili in migliorie per il servizio

    Caso Asf, l’ex assessore Molinari (FdI) chiede di reinvestire gli utili in migliorie per il servizio

    Viabilità e trasporti sono stati per anni il suo settore di competenza. Il terreno, spesso accidentato, su cui l’attuale coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia Stefano Molinari – ex assessore dell’era Bruni – si è mosso in stretta collaborazione anche con Asf Autolinee.E così, dopo l’inchiesta del Corriere di Como che ha messo in evidenza come la società di trasporto locale, al 51% a capitale pubblico, abbia negli ultimi 4 anni, a fronte di 18 milioni di utili generati, ridistribuito ai soci ben 14 milioni di euro (il 75,6% del totale), esprime una sua valutazione che parte da un presupposto considerato imprescindibile. «A livello ideologico, in certi settori essenziali come il trasporto pubblico non dovrebbero essere presenti soci privati, altrimenti il meccanismo si inceppa, è inevitabile. Bene ha lavorato l’ex amministratore delegato di Asf Annarita Polacchini – con la quale ho spesso collaborato – che ha portato l’azienda a ottimi risultati. Ma poi ecco che prevale, forse eccessivamente, chi pretende utili. Ecco perchè dico che laddove si devono garantire ai cittadini servizi indispensabili, andrebbe valorizzata la compagine pubblica. E gli utili andrebbero reinvestiti tutti nel miglioramento del servizio». Anche perchè «la società genera utili perché i cittadini – che pagano le tasse – acquistano un biglietto e il costo non rappresenta però il reale valore della corsa. La differenza la mette, ad esempio la Regione con dei contributi. E in passato erano anche presenti delle agevolazioni fiscali. Allora bisogna anche domandarsi perché e in che misura il privato debba usare e godere anche di questi fondi. La legge lo prevede, su questo siamo d’accordo, ma mi sembra altrettanto normale aspettarsi che il servizio sia impeccabile. E non sempre lo è. Mi sembra di poterlo dire senza timore di essere smentito», aggiunge sempre l’ex assessore.

    Il tema degli investimenti sui beni della società, a partire dalla flotta dei mezzi, è un altro punto delicato. Come emerso dai dati forniti da Asf ad oggi il 56% dei bus in servizio ha ancora standard qualitativi inferiori all’Euro 5. «Classico esempio di come andrebbero utilizzati tutti gli utili e di come ciò non accada. Io stesso in passato cercai di spingere molto per effettuare investimenti su mezzi elettrici o ibridi. Insomma la parte pubblica non dovrebbe perdere la sua funzione di controllo», spiega Stefano Molinari, che conclude con un ragionamento molto lineare.«Mi chiedo: se ad esempio in futuro dovessero diminuire i contributi regionali o i fondi destinati al servizio di trasporto, come si interverrà? Aumentando il costo del biglietto per gli utenti? A fronte di cosa? Di un servizio che mostra ancora delle lacune ? Si tratta di un tema decisamente complesso», chiude l’ex assessore.

  • Caso Asf, l’azienda respinge le critiche:«Clientela soddisfatta del servizio»

    Caso Asf, l’azienda respinge le critiche:«Clientela soddisfatta del servizio»

    Asf reagisce alle critiche presentando un mole di numeri. Dati utilizzati per contrastare le cifre oggetto del contendere, ovvero quei 14 milioni di utili ridistribuiti ai soci e che, al netto degli investimenti evidenziati dalla società di trasporto locale in questi anni, rimangono il vero oggetto della polemica.Il ragionamento parte dal passato. «La società attuale ha preso in mano l’azienda con perdite di oltre un milione di euro per portarla a un utile di bilancio di 5 milioni nel 2017 – fanno sapere da Asf – In questi anni parte dei soldi sono stati reinvestiti in nuovi autobus, in tecnologia e in sicurezza e così continueremo a fare per offrire sempre un servizio migliore al nostro pubblico. Il rapporto virtuoso tra pubblico e privato è inoltre dimostrato dai dati dell’ultima customer satisfaction che dimostra come quasi il 90% dei nostri clienti è soddisfatto del servizio».

    I soggetti privati entrarono in azienda «grazie a un aumento di capitale di 6,7 milioni. Investimento che permise di avere fin da subito risorse a disposizioni da investire per il rilancio. A titolo esemplificativo va detto come nel biennio 2016 – 2017 sono stati investiti 5,4 milioni di euro di cui 3,4 milioni per l’acquisto di nuovi autobus, alcuni già in circolazione, che consentiranno di abbassare la media della flotta dell’azienda a 8,4 anni, in linea con il proprio piano di rinnovo, a fronte del fatto che la media nazionale è di 12,2 anni (l’azienda non ha però comunicato quale sia ad oggi la media della flotta, ndr). Su tutti i nuovi mezzi è installato il sistema Dst (Driving Style Tutor), l’impianto tecnologicamente avanzato per favorire una guida ecologica e che consente di ridurre il consumo di carburante e le emissioni di inquinanti nell’aria», aggiungono sempre dall’azienda, specificando come «la società ha sempre lavorato per il miglioramento del servizio di trasporto pubblico locale che viene regolato dall’Agenzia del trasporto pubblico locale di Como, Lecco e Varese. A quest’ultima spetta indicare ad Asf quali tipologie di servizio erogare alla clientela e con l’agenzia lavoriamo di concerto, insieme alle altre istituzioni, per fornire un servizio adatto alle esigenze della nostra clientela». Attualmente la flotta aziendale è composta «per il 13% da veicoli Euro 6, per il 24% da veicoli EEV (i veicoli a minimo impatto ambientale) e per il 7% da veicoli Euro 5, per una percentuale dei veicoli di classe ambientale maggiore o uguale all’Euro 5, pari al 44% del parco mezzi complessivo contro una media nazionale (2015) del 20% e quella regionale del 30%».Dati che però evidenziano come il restante 56% della flotta sia invece sotto la classe Euro 5. La media nazionale del parco presenta un 35% della flotta immatricolata prima del 1999, contro il 3% di Asf.In totale sono 302 gli autobus in servizio sul Lario, di cui 63 urbani.Nel biennio 2016 – 2017 sono stati investiti 5,4 milioni di euro di cui 3,4 milioni per l’acquisto di nuovi autobus, alcuni già in circolazione, che consentiranno di abbassare la media della flotta dell’azienda a 8,4 anniLa società ha preso in mano l’azienda con perdite di oltre un milione di euro per portarla a un utile di bilancio di 5 milioni nel 2017. Questi i primi numeri forniti da Asf, azienda a maggioranza pubblica per il 51%. Il restante 49% è in mano ai privati e vede come soggetti interessati il Gruppo Arriva e il Gruppo Fnm. Attuale amministratore delegato di Asf è Valentina Astori subentrata ad Annarita Polacchini nel giugno scorso

  • Caso Asf, i sindacati chiedono controlli minuziosi su cifre e investimenti

    Caso Asf, i sindacati chiedono controlli minuziosi su cifre e investimenti

    Contraddizioni di un’azienda che genera utili ma «che negli ultimi anni ha tagliato i costi del personale». Giacomo Licata, segretario generale della Cgil di Como, entra nel dibattito sulla ridistribuzione degli utili ai soci Asf con alcuni esempi concreti. «Negli ultimi anni alcuni comportamenti hanno contrastato con la visione di un’azienda che genera utili – precisa Licata – Infatti ha dato disdetta a tutti i contratti aziendali esistenti, riconoscendo ad esempio come superminimo in busta paga solo quello previsto dagli accordi siglati in passato ma non estendendolo ai nuovi arrivati. Ciò si è tradotto, per i neo assunti, nell’impossibilità di avere medesimi riconoscimenti economici. Ripeto, mi sembra un segnale da parte dell’azienda non proprio in linea, soprattutto alla luce degli utili. Necessario comunque che si mantenga una maggioranza pubblica all’interno del sistema di trasporto locale. Questo anche perchè, come è naturale, i privati si concentrano sui guadagni».

    Un’attenta analisi delle cifre è invocata anche da Adria Bartolich, segretario generale della Cisl dei Laghi. «Decisivo avere un quadro complessivo della situazione per poi concentrarsi, dove necessario, innanzitutto sulla sicurezza per utenti e personale e su mezzi poco inquinanti. Per questo le cifre e soprattutto gli investimenti fatti sulla flotta aziendale e altri aspetti fondamentali devono essere controllati minuziosamente», dice Bartolich. «Il punto di partenza è molto semplice – spiega il segretario generale della Uil Como, Salvatore Monteduro – Gli utili pubblici andrebbero interamente reinvestiti per migliorare e ammodernare il parco mezzi e per garantire condizioni di viaggio adeguate. Questo proprio in considerazione del fatto che – e questo è sicuramente un pregio di Asf Autolinee – la società ha generato una percentuale decisamente consistente di utili».

  • Casnate con Bernate, nuove gabbie e fototrappole per la caccia al felino misterioso

    Casnate con Bernate, nuove gabbie e fototrappole per la caccia al felino misterioso

    Si intensificano le ricerche ma l’invito è a non creare eccessivi allarmismi. La caccia al felino che ormai da diversi giorni tiene in apprensione gli abitanti di Casnate con Bernate e dei comuni confinanti, è proseguita anche oggi, giornata in cui sono state installate altre due fototrappole, ovvero videocamere digitali camuffate in grado di catturare giorno e notte la fauna nel raggio di diversi metri. Posizionata inoltre anche una nuova gabbia, in aggiunta alle due già sul territorio. Nessuno di questi accorgimenti ha però ancora permesso di capire con esattezza di che animale si tratti e soprattutto di catturarlo.

    Sulla specie dell’animale rimane aperto uno stretto ventaglio di ipotesi, grazie alle riprese effettuate da un residente di Casnate con Bernate e subito inviate dal sindaco, Fabio Bulgheroni, alla polizia provinciale e ai carabinieri forestali. Piccolo puma o caracal (lince del deserto). I rilievi hanno permesso di stimare l’altezza al garrese dell’animale tra i 40 e i 50 centimetri e il suo peso vicino ai 20 chilogrammi. «Tutto quello che era possibile fare è stato fatto. I controlli proseguono – spiega il sindaco di Casnate con Bernate, Fabio Bulgheroni – Ma, pur mantenendo le dovute cautele, va anche ribadito che non bisogna creare eccessivi allarmismi. Gli avvistamenti reali sono pochi e dalle informazioni ricavate ribadisco che si tratta di un animale di modeste dimensioni con ogni probabilità non pericoloso».

  • Casnate con Bernate, 4 assessori si dimettono.  Il sindaco: «A breve pronta la nuova giunta»

    Casnate con Bernate, 4 assessori si dimettono. Il sindaco: «A breve pronta la nuova giunta»

    Casnate con Bernate, crolla la giunta: tre assessori hanno rassegnato le dimissioni nelle mani del sindaco, Fabio Bulgheroni. Si tratta di Maria Grazia Sassi, ormai ex assessore alla Cultura e ai Rapporti esterni, Maria Tolettini, ex assessore a Ecologia e Ambiente, e Carmine Mussari, ex assessore a Servizi sociali, Informatica, Personale e Pubblica istruzione. Prima di loro, era stato il vicesindaco Antonio Milani a lasciare. «È bastato annunciare la mia possibile candidatura in Provincia – dice Bulgheroni – per creare squilibri politici. Guarda caso, Sassi è di Forza Italia e Tolettini della Lega».E vengono rispedite al mittente le accuse. «Non condivido l’iter amministrativo di alcune scelte fatte da Lei, senza rendere partecipe la giunta», si legge nelle lettere di dimissioni dei tre assessori che si riferiscono «alle scelte relative al Piano di Governo del Territorio e al Centro sportivo, che sta subendo rallentamenti e lungaggini burocratiche». La replica è lapidaria. «Gli atti del Pgt sono pubblici – dice Bulgheroni – Ho condiviso l’iter procedurale, il Piano è passato in consiglio la scorsa settimana ed è stato approvato all’unanimità. Sono sereno. Avevo già annunciato che avrei azzerato la giunta. Non ho però gradito l’accusa di scarsa trasparenza e professionalità». Nei prossimi giorni verrà presentata la nuova giunta. «Cristina Saccoccio, 27 anni, già assessore nella mia scorsa legislatura, sarà vicesindaco», dice Bulgheroni. Che lancia una provocazione: «Non escludo la possibilità di guardare anche alle minoranze per la nuova squadra».

  • Casinò, sospesa la manifestazione a Milano. Il governo convoca un tavolo interministeriale

    Casinò, sospesa la manifestazione a Milano. Il governo convoca un tavolo interministeriale

    Qualcosa forse si muove attorno alla drammatica vicenda di Campione d’Italia.

    Sabato sera la Rsu del Casinò dell’enclave ha incontrato il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni (Lega) ribadendo ancora una volta dubbi e perplessità per la mancanza di interlocutori governativi nel corso dei 72 giorni di chiusura della casa da gioco.

    Secondo quanto riferito dalla stessa Rsu in un comunicato stampa, Molteni avrebbe comunicato che il governo, analizzati tutti gli elementi necessari, ha programmato per dopodomani, martedì 9 ottobre, un tavolo interministeriale (Interno, Economia e Finanze, Sviluppo economico) in cui vagliare tutte le possibili soluzioni.

    Dopo aver riunito questo tavolo interministeriale, il governo dovrebbe convocare il sindacato e la Rsu per il confronto tanto atteso da tutta la comunità campionese.

    La mossa del governo ha convinto il sindacato a sospendere la manifestazione in programma per domani sotto la sede della Lega in via Bellerio, a Milano.

    Sindacato e Rsu dicono ora di restare in attesa della convocazione ministeriale che il sottosegretario Molteni avrebbe confermato avverrà entro la settimana ventura o al più tardi la successiva.

  • Casinò, salta il piano di rientro del debito. Tensione alle stelle a Campione d’Italia

    Casinò, salta il piano di rientro del debito. Tensione alle stelle a Campione d’Italia

    Il futuro del Casinò di Campione – e con esso, il futuro di tutta l’enclave – è di nuovo appeso a un sottilissimo filo. Il piano di ristrutturazione del debito della casa da gioco, che ieri avrebbe dovuto essere sottoscritto dai creditori nello studio del notaio Massimo Caspani a Como, è saltato per aria.Il commissario liquidatore del Comune, Angela Pagano, ha infatti deciso di non firmare l’atto sulla base di una relazione tecnica redatta da Maria Carla Bottini, commercialista lariana incaricata dalla stessa Pagano di verificare la piena sostenibilità dell’accordo.Senza il via libera del commissario liquidatore, nominato – è bene ricordarlo – dopo la deliberazione di dissesto finanziario assunta dal Comune di Campione il 7 giugno scorso, l’ipotesi di ristrutturazione del debito della casa da gioco è sostanzialmente un’esercitazione algebrica.Il commissario liquidatore, che agisce in piena autonomia, è l’unico in questo momento legittimato ad assumere decisioni in materia contabile nel municipio dell’enclave. E il suo no alla rimodulazione dei debiti del Casinò equivale a una bocciatura totale delle scelte degli amministratori in carica. C’è di più: senza piano di ristrutturazione, la casa da gioco rischia il fallimento. Davanti al Tribunale di Como è infatti aperta un’istruttoria in tal senso.Il giudice aveva dato tempo ai vertici della casa da gioco sino a oggi per «finalizzare un accordo» con i creditori e depositare il «ricorso ai fini della sua omologazione».Dopo la decisione del commissario, tutto torna in alto mare. In un punto in cui soffiano venti di burrasca.Ma come si è arrivati alla bocciatura del piano? E soprattutto, perché?Nel dispositivo dell’atto del commissario liquidatore non ci sono indicazioni precise. Si fa riferimento alla relazione del consulente tecnico. Documento che, invece, è ricco di numeri e di considerazioni. Il punto di partenza è molto semplice: la società di gestione del Casinò è stata costituita ex novo nel 2014 proprio per garantire al Comune di Campione (socio unico della casa da gioco) «di disporre delle risorse necessarie per il conseguimento del pareggio di bilancio».È del tutto evidente come il commissario non potesse avvallare una ristrutturazione del debito che sovvertisse, di fatto, questo principio.Nel momento in cui il Comune avesse accettato di ricevere dal Casinò contributi variabili a seconda degli incassi, sarebbe stato impossibile per lo stesso Comune far quadrare i suoi conti.Non solo: il debito pregresso, che il Comune ha sicuramente appostato a bilancio come residuo attivo, diventa difficilmente esigibile. E di conseguenza mina alle fondamenta la sussistenza stessa del documento contabile. Insomma: il no del commissario è praticamente obbligato. Un no in prima istanza più tecnico che politico.Oltre a ciò, dalla relazione della consulente emerge una situazione debitoria del Casinò davvero sconvolgente.La casa da gioco, al 30 giugno scorso, aveva un passivo di 132,391 milioni di euro. Di questi, 44,209 milioni erano dovuti al Comune e 31,248 milioni alla Banca Popolare di Sondrio, maggior creditore dopo il municipio.Considerevoli anche i debiti verso fornitori (11,930 milioni di euro) e verso i propri dipendenti (9,294 milioni).Difficile capire come sia possibile uscire indenni da questo vicolo cieco.Contattato ieri dalCorriere di Como, il sindaco di Campione d’Italia, Roberto Salmoiraghi, ha annunciato una presa di posizione ufficiale e aggiunto di «non condividere nel modo più assoluto la posizione del commissario».Salmoiraghi ha confermato di voler trovare una soluzione al problema, pure rendendosi conto – probabilmente – di avere margini di manovra molto limitati. Una cosa è certa: il fallimento del Casinò, che il Tribunale di Como potrebbe decretare a giorni, sarebbe la pietra tombale sulla possibilità di rinascita dell’enclave. Un’eventualità che tutti scongiurano, almeno a parole, ma che pochi adesso si sentono di escludere del tutto.

  • Casinò, Lugano e Mendrisio, boom di ingressi e di incassi

    Casinò, Lugano e Mendrisio, boom di ingressi e di incassi

    I concorrenti ticinesi “approfittano” della chiusura della casa da gioco dell’enclave

    Mors tua, vita mea. Nel gioco, così come talvolta nella vita. La chiusura del Casinò di Campione d’Italia sta lacerando l’esistenza di moltissime famiglie, ma nello stesso tempo ha spalancato le porte delle case da gioco concorrenti. Nei giorni scorsi il Corriere della Sera ha anticipato alcuni numeri del boom di ingressi e di incassi fatto registrare dai Casinò di Lugano e di Mendrisio.

    Ieri, fonti svizzere hanno confermato le cifre. Negli ultimi 30 giorni, gli stessi nei quali i tavoli verdi e le slot ticinesi non hanno dovuto fare i conti con il principale avversario – messo ko da una sentenza della magistratura fallimentare – l’incremento del fatturato ha superato il 36% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

    Una crescita lineare che ha caratterizzato sia i giochi più classici sia le macchinette mangiasoldi. Addirittura superiore il fatturato del cash game, il poker tanto amato anche dal pubblico televisivo, che ha sfiorato un +40%. In questo caso gli incassi per la casa da gioco sono inferiori e riguardano soprattutto i servizi messi a disposizione dei giocatori (tavoli, dealer, fiches). Ma è ovvio che la presenza di un numero maggiore di persone favorisce comunque il casinò, che ne riceve una ricaduta sempre positiva.

    A Lugano, ad esempio, sempre negli ultimi 30 giorni gli ingressi nelle sale del Casinò sono cresciuti del 25%, facendo toccare quota 25mila. Numeri che nella struttura ticinese non si erano mai avuti.I dirigenti delle due case da gioco ticinesi tendono a mettere comunque le mani avanti. Parlano di affluenze legate anche al periodo estivo e invitano alla prudenza sul lungo periodo.

    Sta di fatto che la chiusura di un Casinò che fatturava attorno agli 8 milioni al mese ha sicuramente comportato la ridistribuzione di almeno una parte dei giocatori.In particolare, di quelli residenti nel territorio e anche degli affezionatissimi provenienti dalla metropoli lombarda.

  • Casinò, la Corte d’Appello  decide sui ricorsi. Il consulente: «Il fallimento si poteva evitare»

    Casinò, la Corte d’Appello decide sui ricorsi. Il consulente: «Il fallimento si poteva evitare»

    La quarta sezione della Corte d’Appello del Tribunale civile di Milano, presieduta da Maria Guida Padoa, si riunisce di nuovo oggi per discutere i reclami contro il fallimento della società di gestione del Casinò di Campione presentati a settembre dai due maggiori creditori della stessa società: la Banca Popolare di Sondrio e il Comune di Campione d’Italia.Dopo un paio di rinvii, accordati anche per permettere alle parti il deposito di memorie e integrazioni documentali, si dovrebbe finalmente conoscere la decisione dei magistrati sul crac della casa da gioco.Una decisione non semplice che, soprattutto in caso di accoglimento dei due ricorsi, aprirebbe uno scenario complicatissimo da gestire.In particolare dopo che, alla fine di dicembre, i curatori fallimentari hanno spedito le lettere di licenziamento a tutti gli ormai ex dipendenti del Casinò.Difficile, e probabilmente inutile, fare previsioni. L’unica cosa certa, a quanto pare – e secondo quanto riferito da fonti molto accreditate – è che una sentenza favorevole ai ricorrenti farebbe scattare l’immediato ricorso in Cassazione della curatela fallimentare. Insomma, il groviglio giuridico-amministrativo legato alla vicenda Campione resta intricato.Il documentoIn attesa del verdetto, che potrebbe arrivare oggi o slittare ancora di qualche giorno (il Tribunale civile ha 90 giorni di tempo per pronunciarsi), dalle carte del processo emergono alcune interessanti anticipazioni. E un dato su tutti: il fallimento del Casinò poteva essere evitato.In questo senso si era espresso già ad agosto uno dei consulenti della giunta Salmoiraghi, il professor Corrado Ferriani, docente di diritto penale e commercialista esperto in crisi aziendali. IlCorriere di Comoè in grado di svelare il contenuto della relazione inviata da Ferriani al legale del Comune, il professor Massimo Fabiani: un parere sul piano di ristrutturazione dei debiti della casa da gioco (piano che non venne accolto dal commissario liquidatore del municipio campionese). Ebbene, secondo Ferriani l’ipotesi di ristrutturazione era sostenibile e «avrebbe certamente permesso il riequilibrio economico-finanziario» della società di gestione, «con conseguente positivo superamento dello stato di crisi».Ma un’altra questione, ben più interessante, emerge dalla relazione di Ferriani. Vale a dire, il fatto che facendo fallire la società, il Comune sapeva benissimo di non poter insinuarsi tra i creditori privilegiati. Questo perché il Codice civile (articolo 2467) impone la cosiddetta «postergazione» dei crediti del socio. «L’esperienza insegna che il credito diventerà inesigibile», chiosa Ferriani.Peraltro, il commissario liquidatore del Comune non aderì al piano di ristrutturazione del debito sulla base di una relazione che prendeva in considerazione l’intero debito del Casinò verso il municipio (44,209 milioni di euro). Ma lo stesso commissario, all’atto dell’insinuazione, ha chiesto “soltanto” 20,89 milioni di euro, molto meno della metà.

  • Casinò, il tavolo si sposta nella Capitale. Il Viminale discute gli esuberi in Comune

    Casinò, il tavolo si sposta nella Capitale. Il Viminale discute gli esuberi in Comune

    Il sottosegretario Stefano Candiani: «Meno protagonismo, più pragmatismo»

    Il tavolo tecnico invocato dai lavoratori e dai sindacati sul possibile salvataggio della casa da gioco di Campione d’Italia si sposta a Roma. Al ministero dell’Interno.

    Ieri mattina, nell’incontro convocato dal prefetto di Como, Ignazio Coccia, con i rappresentanti dei lavoratori di Casinò e Comune è stato confermato ufficialmente quanto molti speravano, ovvero l’apertura di un tavolo di discussione a livello centrale. Coccia ha fatto sapere che il capo di gabinetto del ministero incontrerà nei prossimi giorni una delegazione sindacale (la data non è stata resa nota) e ha pure annunciato la riunione della commissione Finanze sempre sul caso Campione.

    Su questo punto si è aperto ieri pomeriggio un piccolo giallo. Molti hanno infatti immaginato che la vicenda del Casinò finisse in Parlamento, dato che effettivamente la VI commissione della Camera è convocata per questo pomeriggio alle 14 per discutere del decreto milleproroghe. In realtà, il prefetto di Como si riferiva alla commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, l’organismo del Viminale che, per legge, esercita il controllo sui Comuni e sulle Province che hanno dichiarato il dissesto finanziario.

    La commissione del ministero in effetti è chiamata oggi a dare un parere sulla deroga richiesta dalla giunta di Campione d’Italia e relativa agli esuberi del municipio. A causa del dissesto, infatti, il municipio dell’enclave ha messo in “mobilità” 86 dipendenti su 102. Ma ha anche chiesto al Viminale di derogare ai numeri fissati dalle norme vista l’eccezionalità del sistema Campione, un paese in cui sono dipendenti comunali anche gli impiegati delle poste e i controllori della casa da gioco.

    Intanto sula vicenda dell’enclave è intervenuto ieri il sottosegretario all’Interno Stefano Candiani per smentire innanzitutto un suo diretto coinvolgimento nella soluzione del problema legato al fallimento della società di gestione della casa da gioco.

    «Non ho mai ricevuto il dossier Casinò perché la delega ai giochi è del Ministero dell’Economia – dice l’esponente varesino della Lega – io mi occupo soltanto del dissesto finanziario del Comune».

    Candiani ha ribadito che in attesa dei pronunciamenti della magistratura, anche quella civile sui reclami contro il fallimento della casa da gioco, «vanno rispettati i dettami normativi. Certo è – sottolinea – che su questa vicenda servirebbe più pragmatismo e meno protagonismo. Soprattutto da parte degli amministratori locali» .

    Un intervento legislativo, secondo il sottosegretario, «è da escludere, almeno in questa fase. Il ministero non può nemmeno sostituirsi all’ente locale». Le cose potrebbero cambiare nelle prossime settimane qualora il Comune non riuscisse ad approvare il bilancio preventivo o il ministero non dovesse validare la relazione che la giunta campionese deve presentare entro 90 giorni dalla nomina del commissario ad acta. In quel caso, il consiglio comunale potrebbe essere sciolto e il governo potrebbe nominare una terna commissariale per la gestione dell’ente.