Gli uffici in caserma e i vasi comunicanti

di Marco Guggiari
Poco meno di un anno fa ci occupavamo della ricorrente
suggestione di un trasferimento di uffici pubblici nell’ex caserma De
Cristoforis di piazzale Monte Santo. Si ipotizzava che Agenzia delle Entrate,
Prefettura, Archivio di Stato, Direzione del Lavoro e Commissione Tributaria
avrebbero lasciato le loro sedi in centro Como. Nei giorni scorsi il sindaco
Mario Landriscina ha rilanciato su Etv questo programma.
«Non tutto dipende da noi», ha detto, lasciando però
intendere di essere molto attento agli sviluppi.
La soluzione, che porterebbe 400 persone a lavorare
nell’edificio dove fino al 1996 è stato operativo il 23° Battaglione Como, è uno
dei tormentoni che segnano da tempo il percorso accidentato di questa città
perennemente in cerca d’autore.
Ora alcuni indizi rilanciano un’opzione che libererebbe il
cuore del capoluogo da diversi poli attrattivi di traffico.
Il primo e più importante è che il Demanio, proprietario
della caserma, ha tolto l’immobile dall’elenco di quelli in vendita.
In piazzale Monte Santo, si apprende, confluirebbero anche
la Questura e il Provveditorato agli Studi.
Gettiamo per un momento il cuore oltre l’ostacolo
(fattibilità, ristrutturazione della caserma, reale tempistica…) e pesiamo i
pro e contro.
Di certo, il trasferimento comporterebbe alcuni importanti
vantaggi: l’alleggerimento del centro dall’assedio di auto, dalla domanda di
parcheggi, dallo smog e il considerevole risparmio in capo allo Stato che non
dovrebbe più pagare costosi affitti per l’uso delle attuali sedi. In più, il
quartiere della De Cristoforis sarebbe riqualificato e dotato di adeguati
servizi, anche se dovrebbe sopportare un grande afflusso quotidiano di veicoli
e utilizzatori.
Il punto critico, però, è la questione dei vasi comunicanti,
che sembra sfuggire al disegno fin qui delineato.
Si può riempire uno spazio, ma ci si deve porre il problema
del corrispondente svuotamento di un altro ambito.
In concreto, se si progetta correttamente, occorre
preoccuparsi anche del nucleo centrale di Como.
Piazza Roma liberata dalle auto e rimasta un luogo deserto
perché non è stata restituita a una diversa e migliore identità deve pur
insegnare qualcosa. Ormai da decenni la città murata vive grazie ai negozi
superstiti e al turismo, ma ha solo sparuti residenti. Il capoluogo ha perso
progressivamente funzioni legate a luoghi fisici svuotati, per motivi diversi:
dalle aree dismesse, all’ospedale finito a San Fermo, all’ex palazzo Asl tra
via Cadorna e via Croce Rossa, alla Banca d’Italia…
Sarebbe un guaio se per un’operazione giusta, si procedesse
con il paraocchi, senza pensare simultaneamente a una prospettiva diversa da
quella di ulteriori Bed and Breakfast per i palazzi che si libererebbero.
Il turismo è bello e rende, ma non qualifica in toto una
città capoluogo di provincia.