I pazienti, i parenti e il tempo delle parole

I pazienti, i parenti e il tempo delle parole

di Mario Guidotti

«Dottore, già che la incontro in ascensore, che cosa
significa questo fastidioso ronzio che sento da due giorni? Non sarà come mio
zio che lei ha curato vent’anni fa e che dopo tre mesi gli è venuto un ictus?»
Voi riuscite ad immaginare che cosa si ricordi il medico dello zio o quanto
possa capire o immaginare del ronzio oggetto della conversazione in ascensore,
di lunedì mattina, mentre sta andando in Pronto soccorso per un caso urgente,
mentre magari gli suona il telefono, la Direzione sanitaria lo aspetta per una
grana spaziale e magari ha pure il mal di testa? Non si fa.

Vi comportereste così con un notaio? Con un architetto che
incontrate al bar? Con un geometra? Gli chiedereste quanto era alto il soffitto
della casa di montagna ristrutturata tre anni prima? Si tratta di tecnici, sì,
anche il medico lo è, non è un mago, soprattutto se è serio aggiungiamo. Per
dare un giudizio non può basarsi solo sull’immaginazione o sulla sua esperienza
e cultura applicate all’astrazione. Ci vogliono dati, numeri, racconti
dettagliati, precisione. Una diagnosi, alla quale segue una prognosi e quasi
sempre il bisogno di una terapia, deve scaturite da un’analisi completa di più
dati: racconto anamnestico, obiettività clinica, che è la visita, dati
strumentali. Non un sintomo sparato così, dal nulla, totalmente fuori contesto.

Lo stesso vale per le notizie riguardanti i parenti malati
ricoverati. Negli ospedali si dà un orario di ricevimento parenti e pazienti.
In quel momento si presentano solo isolati casi. Poi durante le visite esterne
di parenti ed amici è tutto un continuo: dottore come sta mio zio? Aveva la
febbre oggi mio padre? Quando viene trasferita mia sorella? È andata di corpo
mia nonna? Non si fa. Non solo non è corretto né serio, ma non serve. Anzi,
spesso è fuorviante. Càpita spesso di sentirsi dire: «Ma perché  mandate in riabilitazione mia madre? Ieri ho
incontrato il medico (il guardiano della domenica) che mi ha detto che veniva a
casa, così abbiamo attivato la badante, acceso il riscaldamento, ordinato i
presìdi, etc. etc».

Insomma, la comunicazione è importantissima quando riguarda
la salute, e va tenuta in attenta considerazione. Capiamo benissimo l’ansia di
sapere, di essere tranquillizzati, ma spesso si combinano solo dei pasticci se
la notizia è estorta, rubata, strappata. A volte si passa per scortesi perché
non si risponde subito alla richiesta di notizie, ma è meglio aspettare un
attimo ed essere più completi piuttosto che generare delusioni o peggio false
illusioni.

In sintesi, si abbia rispetto, da entrambe la parti
beninteso, del momento di colloquio con i pazienti ed i loro parenti. Spesso le
notizie più importanti per risolvere il caso si hanno in questi momenti. Non solo,
ma anche l’alleanza terapeutica nasce qui, dopo la conoscenza e la
compartecipazione alla malattia. Servono modo, garbo, disposizione e
soprattutto tempo.