Il brutto voto a scuola e l’azione pedagogica
di Adria Bartolich
Mi sono imbattuta, casualmente, in una singolare riflessione sulla natura positiva del brutto voto a scuola. Attenzione, non sulla natura positiva del voto, ma su quella del brutto voto. La tesi sembrerebbe contrapporsi ai sostenitori, sempre meno numerosi, dell’assoluta positività del bel voto.
In tutta sincerità, un approccio di questo tenore nei confronti di un tema di grande importanza e delicatezza, come quello della valutazione, mi pare operi una alquanto discutibile semplificazione nella quale, sul contenuto di merito cioè il giudizio, tendano a prevalere valutazioni moralistiche.
Naturalmente quando si parla di educazione, i contenuti di carattere morale sono certamente presenti, ma non esauriscono l’azione pedagogica. Tutt’altro. Il voto è uno strumento a disposizione di un insegnante per indicare, seppur in modo sintetico, la preparazione di un alunno. È molto meno oggettivo di quanto si creda in quanto esso dipende dalle caratteristiche culturali e caratteriali dell’insegnante, dal contesto culturale e sociale in cui è inserita la scuola e la classe dell’alunno, dalla posizione dell’alunno all’interno della classe, dal livello di partenza dell’alunno, dalle sue caratteristiche personali compreso il livello di emotività, di cui il risultato finale, il numero, riporta e riconosce solo piccoli frammenti; ma è comunque uno strumento importante, perchè mette l’allievo in condizione di capire a che punto è arrivata la sua preparazione in quella specifica situazione data. Bisogna escludere di considerarlo uno strumento punitivo o tanto meno come elemento anticipatore di difficoltà paragonabili a quelle della vita adulta, che il ragazzo dovrebbe imparare a superare. Per la ragione, innanzitutto, che il compito dell’insegnante non è quello di simulare le difficoltà della vita; frequentemente gli alunni con voti negativi a scuola le conoscono spesso molto meglio degli insegnanti; secondariamente perchè certo le frustrazioni fanno crescere, se però sono continue e senza sbocchi positivi o soluzioni, alla fine demoliscono l’autostima di una persona, alunno o adulto che sia.
Il tema quindi non è unicamente quello di portare alunno e famiglia ad accettare il brutto voto, ma anche di fare in modo che esso non sia reiterato e immutato nel tempo, altrimenti diventa la misura di quanto la scuola poco incida o riesca a modificare la storia dell’apprendimento di un allievo. Quindi il tema non è voto negativo o voto positivo, bensì considerare la valutazione come la fase forse più complessa dell’insegnamento e agire di conseguenza, mettendo al centro non il voto ma l’alunno.
