di Mario Rapisarda
La vicenda dello stadio Sinigaglia assume sempre più i contorni di una farsa in piena regola. Da settimane la società chiede una convenzione di 12 anni con il Comune. In cambio si impegna a realizzare un campo sintetico e promette di rigenerare (in futuro e in modo del tutto generico) impianto e area circostante.
Il Comune dapprima nicchia timidamente, esercitando un minimo di buon senso: la Cittadella Razionalista merita molto di più. Poi, davanti alla protesta a gran voce dei tifosi, cede su tutta la linea. Del resto ha ben poche frecce nel suo arco: la debolezza della maggioranza e l’immobilismo pluriennale prestano il fianco alle critiche più disparate, dalle quali difendersi è pressoché impossibile senza cadere nel ridicolo.
I soggetti a sbagliare sono quindi due: la società chiede troppo in cambio di generiche promesse e un campo di plastica, Palazzo Cernezzi concede tutto seguendo gli umori della piazza, ridotto com’è nell’angolo. Senza però ascoltare quella che è, ritengo, la maggioranza (che però di solito è silenziosa e quindi difficile da udire se non si hanno orecchie attente).
Passano i giorni, ma la firma su questa scellerata convenzione non arriva. Adesso, anche se sembra incredibile, è il Como 1907 a frenare. Il motivo è quantomai nebuloso: si parla di planimetrie che non corrispondono e di un campo sintetico (prima condizione essenziale) ora non più così ambìto. È arrivato il momento: entrambi gli attori tolgano il velo e, messi da parte gli infingimenti, squadernino le carte sul tavolo. La società dica cosa vuole, con chiarezza, senza farsi scudo dei tifosi.
Le tante scottature sulle carne viva della città e del calcio lariano (troppo in fretta dimenticate) dovrebbero indurre a maggior prudenza. Il Comune di Como mostri di essere all’altezza del compito dato: amministrare senza seguire l’onda e senza patetici tentennamenti. Tiri fuori dal cassetto e mostri la convenzione a tutti. Poi ponga dei termini temporali per la firma del documento tanto invocato. Lo esige il buon senso. Che speriamo ci sia ma è ben nascosto, come direbbe Manzoni, per paura del senso comune.
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