Il delirio delle incursioni di carattere legale

di Adria Bartolich
La vicenda degli avvocati che offrono consulenze gratuite per cause da intentare nei confronti
di medici per i morti da Covid – che ha provocato come reazione una lettera
inviata al capo dello Stato Sergio Mattarella dal presidente della Federazione regionale degli Ordini dei
medici della Lombardia nonché presidente dell’Ordine dei medici di Como,
Gianluigi Spata – è emblematica di come spesso abbia funzionato questo
Paese quanto meno negli ultimi 20 anni.
Sia nella vita politica che in quella civile, infatti, prima il ricorso alla
via giudiziaria era considerato un evento eccezionale.
Negli ultimi anni non è più così. Uno stile che non si ferma
neanche di fronte a catastrofi umanitarie come quella in corso, e nemmeno davanti a dati di una gravità
enorme come il numero di morti e
ammalati tra i medici e gli
infermieri impegnati ad arginare
l’epidemia. Il messaggio implicito
è “non basta, dovevi fare di più” come
Stato, come professionista e come persona, cioè fare l’impossibile, quello che
non è nelle cose, perché alla fine, anche supponendo che ci possano essere
stati degli errori, te la prendi con una persona che lavora per diciassette ore
al giorno, rischiando la pelle e in
condizioni massacranti.
Quello dei medici alle prese con il Covid-19 è un caso
limite; ma proprio perché è tale, l’offerta di alcuni avvocati è
particolarmente odiosa e inquietante, e
ci interroga in maniera drammatica sulla nostra condizione etica e
morale che qui sembra proprio non
esserci.
Come spesso non c’è stata in situazioni molto più ordinarie,
ma allo stesso modo difficili, che si sono viste nelle scuole. Per esempio, la
difesa ad oltranza di figure e
soggetti francamente surreali per le
cose che facevano, spesso reintegrati dopo un ricorso contro un provvedimento.
Oppure ricorsi fatti con il ciclostile
per l’inserimento nelle graduatorie, ad esempio per i diplomati magistrali,
e ricorsi contro l’inserimento degli stessi, fatti
senza remore dallo stesso sindacato.
Ricorsi contro voti e bocciature, ricorsi per inserire deroghe per alcune condizioni,
ricorsi per il riconoscimento di titoli, per alzare il voto in alcuni concorsi, per abbassare il voto
minimo in altri, e via discorrendo.
Un delirio di incursioni di carattere legale in un sistema
che di tutto ha bisogno, tranne che di forzature che portino fuori controllo
una selezione seria del personale. Come
se un sistema complesso come quello scolastico fosse governabile solo a colpi di norme, tra l’altro spesso contraddittorie tra di loro.
Però due parole su questi
“consulenti legali”, che possono essere sia studi professionali che
organizzazioni di carattere pseudo-sindacale, vanno dette. Anzi dovrebbero dirle soprattutto gli Ordini di appartenenza e la politica.
Altrimenti, sotto il continuo ricatto della causa o del ricorso, i professionisti migliori fuggiranno dalla
pubblica amministrazione, e abbiamo visto
con il Covid quanto serva in alcuni casi un buon sistema pubblico.