di Adria Bartolich
Come sempre, alla formazione di un nuovo governo i pettegolezzi si moltiplicano. Prima il tema è chi saranno i ministri, poi che intenzioni hanno nei confronti dei temi caldi del loro dicastero. Nessuna eccezione quindi per il ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi, verso il quale, com’è ovvio, anche e soprattutto per il complicato anno che il nostro sistema scolastico sta attraversando, c’è un carico di aspettative persino esagerato.
A quanto ci è dato di intendere, Bianchi, che certamente di scuola ne capisce essendo ex rettore dell’Università di Ferrara, ex assessore alla Scuola dell’Emilia Romagna e già coordinatore della task force ministeriale, sa bene che uno dei problemi più difficili da affrontare sarà quello della presenza in cattedra degli insegnanti all’inizio dell’anno scolastico. Su questo punto, inutile quasi ricordarlo, le pressioni sono enormi, perché , molto banalmente sono voti per la politica e tessere per i sindacati.
Intendiamoci, niente che sia illegale o illegittimo. Il consenso è la linfa in un Paese democratico, solo che chi pretende di governare un sistema, e non stiamo parlando solo del ministro ma anche di tutto quello che, nel nostro caso, attorno alla scuola si muove, deve avere ben chiaro che la ricerca del consenso non può prescindere o essere addirittura in contrasto con la finalità che il sistema si deve prefiggere.
Nella fattispecie, la qualità dell’istruzione e l’educazione dei nostri giovani, rese ancora più precaria dalle misure antivirus. Per cui Bianchi tutto deve fare tranne che accettare un ritorno al doppio canale per le assunzioni dei docenti, cioè le due graduatorie diverse per il passaggio in ruolo, con concorso e con servizio; in altre parole quel sistema istituito con la legge n. 417/1989 che, introducendo i concorsi triennali per titoli, anche “quando non vi sia disponibilità di posti o cattedre”, ha dato origine alla proliferazione del precariato. Anche se richiesto da più parti a gran voce.
L’unica condizione possibile per iniziare l’anno con l’organico delle scuole in ordine e completo (siamo ancora in fase Covid) sarebbe quella di dare ai dirigenti degli istituti, coadiuvati da una commissione interna per ragioni di trasparenza, la facoltà provvisoria di confermare o meno i docenti precari già sulle cattedre quest’anno.
Nel frattempo si dovrebbe studiare un sistema efficace da introdurre a regime ma lo si farebbe con una sperimentazione già avviata e verificabile a cui riferirsi, incentrata su una maggiore autonomia scolastica e responsabilizzazione degli istituti.
di Adria Bartolich
Come sempre, alla formazione di un nuovo governo i pettegolezzi si moltiplicano. Prima il tema è chi saranno i ministri, poi che intenzioni hanno nei confronti dei temi caldi del loro dicastero. Nessuna eccezione quindi per il ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi, verso il quale, com’è ovvio, anche e soprattutto per il complicato anno che il nostro sistema scolastico sta attraversando, c’è un carico di aspettative persino esagerato.
A quanto ci è dato di intendere, Bianchi, che certamente di scuola ne capisce essendo ex rettore dell’Università di Ferrara, ex assessore alla Scuola dell’Emilia Romagna e già coordinatore della task force ministeriale, sa bene che uno dei problemi più difficili da affrontare sarà quello della presenza in cattedra degli insegnanti all’inizio dell’anno scolastico. Su questo punto, inutile quasi ricordarlo, le pressioni sono enormi, perché , molto banalmente sono voti per la politica e tessere per i sindacati.
Intendiamoci, niente che sia illegale o illegittimo. Il consenso è la linfa in un Paese democratico, solo che chi pretende di governare un sistema, e non stiamo parlando solo del ministro ma anche di tutto quello che, nel nostro caso, attorno alla scuola si muove, deve avere ben chiaro che la ricerca del consenso non può prescindere o essere addirittura in contrasto con la finalità che il sistema si deve prefiggere.
Nella fattispecie, la qualità dell’istruzione e l’educazione dei nostri giovani, rese ancora più precaria dalle misure antivirus. Per cui Bianchi tutto deve fare tranne che accettare un ritorno al doppio canale per le assunzioni dei docenti, cioè le due graduatorie diverse per il passaggio in ruolo, con concorso e con servizio; in altre parole quel sistema istituito con la legge n. 417/1989 che, introducendo i concorsi triennali per titoli, anche “quando non vi sia disponibilità di posti o cattedre”, ha dato origine alla proliferazione del precariato. Anche se richiesto da più parti a gran voce.
L’unica condizione possibile per iniziare l’anno con l’organico delle scuole in ordine e completo (siamo ancora in fase Covid) sarebbe quella di dare ai dirigenti degli istituti, coadiuvati da una commissione interna per ragioni di trasparenza, la facoltà provvisoria di confermare o meno i docenti precari già sulle cattedre quest’anno.
Nel frattempo si dovrebbe studiare un sistema efficace da introdurre a regime ma lo si farebbe con una sperimentazione già avviata e verificabile a cui riferirsi, incentrata su una maggiore autonomia scolastica e responsabilizzazione degli istituti.
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