Insegnanti di sostegno, più corsi di formazione

di Adria Bartolich
Anche quest’anno, come al solito del resto, siamo alle prese con l’annoso e cronico problema della mancanza degli insegnanti di sostegno, cioè di coloro che dovrebbero aiutare gli alunni diversamente abili nel loro lavoro scolastico.
I numeri sono davvero allarmanti. Ne mancano quasi 12.000 tra quelli necessari per coprire le esigenze e con una disparità di numeri impressionante tra le diverse aree del Paese. Mancano soprattutto al Nord, con punte di oltre il 95% in Piemonte – ma anche questa è una condizione che si ripete – dove è stato assegnato nemmeno il 5% dei posti; va meglio al Centro, dove è coperto oltre il 26% dei posti, e al Sud, con quasi il 60%.
Dei quasi 14.000 insegnanti assunti per l’anno scolastico in corso, ne sono effettivamente entrati in ruolo meno di 1.700. Per coprire le necessità si è resa possibile la conferma dei supplenti dello scorso anno, una sorta di valutazione dell’esperienza acquisita e una giusta attenzione alla continuità didattica, tema delicato soprattutto per i ragazzi che hanno più difficoltà. Però sappiamo anche che praticamente mai i supplenti sono in possesso di un titolo di specializzazione.
Il segmento più sofferente è quello della scuola secondaria di primo grado (cioè le medie) dove aumentano le certificazioni di disabilità, e quindi la necessità di docenti di sostegno, ma che pochi docenti scelgono confermando l’impressione, ma anche i dati ormai ufficiali, che la scuola media sia la parte più sofferente del nostro intero sistema scolastico. Molti posti scoperti anche alla scuola primaria e alle superiori.
Resta un fatto particolarmente grave che non si riesca a garantire un servizio con insegnanti abilitati, soprattutto nella scuola dell’obbligo.
Da cosa dipende questa carenza cronica? Certamente dal fatto che le università predispongano corsi per l’abilitazione rari ed estremamente selettivi, con un numero altissimo di bocciati ad ogni corso; ma anche dal fatto che le università preposte siano poche e non abbiano un obbligo preciso con cui cadenzare i corsi abilitanti.
Questa è soprattutto una responsabilità del ministero il cui acronimo è MIUR, cioè Ministero Istruzione, Università e Ricerca, il quale avrebbe il compito, essendo sempre una sua competenza, anche di obbligare gli atenei a rispettare delle scadenze che permettano di fare funzionare le scuole.
In realtà le università che attivano i corsi, non si sa perché, sono poche, e lo fanno con l’atteggiamento di chi si è tirato in casa una rogna.
In attesa che il ministero provveda a rivedere le convenzioni con le università in modo da garantire la formazione di insegnanti, e che si predispongano piani di assunzione che tengano conto in primo luogo delle necessità degli alunni, è quanto mai necessario che gli ex Provveditorati agli studi predispongano corsi di formazione base per coloro che sono senza titolo.