La storia di Marisol insegna a tutti che i giorni di vita esistono

Parole come pietre di Marco GuggiariGiorni di morte e giorni di vita. Sono ore in cui la cronaca ci consegna la fine agghiacciante della 15enne pugliese Sarah Scazzi e di Andrea, il bimbo di tre anni strangolato dalla mamma a Savona. In questo buio pesto è ancor più raggio di luce la notizia che ha lasciato l’ospedale la piccola Marisol, tratta dal grembo di Maria Soraya che esalava l’ultimo respiro dopo un gravissimo incidente stradale.L’immagine di questa bimba in tutina rosa tra le braccia del suo giovanissimo papà,cinquanta giorni dopo l’incognita di una nascita drammatica, è l’altro volto della storia. Siamo tutti abituati a bilanci che non quadrano, con il male, il negativo, rumorosamente prevalenti sul bene e sul positivo. Poi l’esistenza si incarica di migliorare i conti.In questa vicenda sarebbe insulto dire che la bilancia è in pari: Maria Soraya non c’è più. Era giovane e aveva davanti il futuro. Il vuoto e il dolore che ha lasciato in coloro che le volevano bene sono immensi. La sua tragica fine, però, non ha impedito un nuovo inizio e questo aiuterà.Marisol sta bene. I medici assicurano che condurrà un’esistenza normale. Quando saprà e chiederà, le parleranno della mamma che non ha conosciuto, della dottoressa che ha fatto il miracolo sull’ambulanza, in mezzo alla strada, dei tanti altri che l’hanno curata, coccolata, pensata. Tutti protagonisti di intensi giorni di vita. I giorni di morte purtroppo non mancano, ma gli altri sono tanti, coinvolgono un bel numero di persone, sono caratterizzati da una varietà di atti. La buona storia, allora, può vincere, a maggior ragione, nelle vicende meno estreme. Marisol non lo sa, ma insegna a tutti proprio questo.