Le difficili scelte di chi ci amministra

di Giorgio Civati
Le recenti motivazioni delle condanne nel processo sulle
paratie, a Como, da un lato danno atto all’ex sindaco Mario Lucini di aver
agito nell’interesse della città e non per sé stesso. E non è cosa da poco.
Dall’altro, e allargando la riflessione a questioni più generali, fanno
emergere le difficoltà di chi ci amministra. È quella che li vede obbligati a
barcamenarsi tra voglia di fare e regolamenti, burocrazia, controlli e denunce
sempre possibili. Per avere superato i limiti del proprio “potere” ma,
all’opposto, anche per non avere agito. Non è una questione solo di paratie e
nemmeno comasca. È l’evoluzione, o forse l’involuzione, della politica e dell’amministrazione
italiana. Che si è data infinite e spesso incomprensibili regole per arginare
la corruzione dilagante ma, così facendo, ha tolto molti spazi di manovra
all’amministratore pubblico. Rallentando o bloccando un po’ di tutto. Appalti,
aste, gare garantiscono una concorrenza aperta e leale, ma allungano a
dismisura i tempi, dilatano gli interventi, rendono impossibili anche solo le
manutenzioni immediate. Non è passato poi così tanto tempo da quando ogni paese
aveva il suo stradino. Un camioncino, qualche badilata di asfalto o di cemento
sempre pronta, una macchina tagliaerba, ed ecco che rapidità ed efficienza
erano quotidianità. Poi, invece, l’organizzazione si è spostata sugli appalti
ad aziende esterne. C’è da tagliare l’erba nei cimiteri cittadini? Più in là,
quando sarà assegnato l’incarico. C’è da tappare qualche buca per strada?
Chissà quando, abbiamo esaurito il
budget. È pur vero che se lo stradino è l’amico o il parente ed è stato assunto
solo in virtù della conoscenza personale non è giusto, così come ingiusto è il
non controllare i costi o addirittura pagare di più per interessi e ritorni
personali. E quindi i controlli servono. Ma servono anche rapidità e capacità
di far fronte a situazioni impreviste e urgenti. Tutte caratteristiche, queste ultime, ormai rarissime nelle nostre
città e nei nostri paesi. Il dilemma, semplificando, è questo: preferiamo
l’immobilismo o quanto meno la lentezza esasperante oppure possiamo correre il
rischio di affidare più potere gestionale e autonomia a chi abbiamo eletto
per quello? Scelta difficile. Ma
ritrovare l’equilibrio tra un immobilismo quasi
totale e possibili abusi o furti è la priorità che dobbiamo porci.