Lungolago e Villa Olmo, tutto in tre giorni

di Marco Guggiari
Como avrebbe bisogno di un’alluvione di opere, altro che
barriere antiesondazione. Da troppo tempo la città non ricorda
un’infrastruttura di pubblico interesse nuova di zecca e in grado di risolvere
qualcuno dei suoi atavici problemi o di fungere da spinta propulsiva.
Accontentiamoci, dunque, delle paratie, dal momento che mercoledì si apriranno
le buste con le tre proposte pervenute alla Regione dalle aziende che intendono
portare a compimento, entro mille giorni (altri tre anni), il cantiere infinito
che langue da tre giunte comunali a oggi.
È una delle situazioni sulle quali, in modo diretto o
indiretto, l’amministrazione comunale in carica si gioca la faccia. Le altre
sono la nuova vita di Villa Olmo, per la quale domani scadrà il termine
relativo alle offerte di gestione, e naturalmente il ben noto tormentone
dell’area ex Ticosa.
C’è urgenza e c’è fretta perché qualcosa succeda e le
lancette del tempo, con tutto il rispetto, non ci consegnino a fine corsa
soltanto la pur meritoria rotondina di piazza San Rocco…
I tanti anni di sostanziale immobilismo non si spiegano
soltanto con il portato di vicende pregresse, carenza di risorse, inconcludenza
degli uomini, lentezza della burocrazia, implicazioni giudiziarie, tutti
fattori sui quali ci siamo già più volte soffermati.
C’è, purtroppo, un altro elemento importante, non a caso
richiamato pochi giorni fa a margine del Forum Ambrosetti di Cernobbio, da
Raffaele Cantone, presidente dimissionario dell’Anac, l’Autorità nazionale
anticorruzione. «Siamo di fronte – ha detto il magistrato, riferendosi
specificamente alle paratie – a opere che vengono messe in cantiere senza
realmente rendersi conto dell’effettiva loro fattibilità», oppure che partono
con un obiettivo e deragliano verso un altro.
È un punto-chiave, un po’ umiliante, ma su cui vale la pena
riflettere. Noi tutti ricordiamo come il progetto originario per la difesa
dalle piene del lago sia stato stravolto perché era necessario risparmiare. E
tutti ricordiamo il “muro” che nascondeva il lago alla vista di chi passava.
Qui sta l’origine di tanti mali e ritardi successivi, di pezze che si è poi
tentato di applicare a un vestito irrimediabilmente strappato.
Il monito di Cantone è sacrosanto e di buon senso. Se si
vuole fare bene una cosa, occorre accertarsi di poterla portare in fondo al
meglio, costi quel che costi e ricorrendo alle eccellenze che garantiscono il
risultato finale. Altrimenti, poi, è difficile uscirne. I costi sono ancora
maggiori e i disagi pure. Diciamo tutto questo, fermo restando il nostro tifo
perché per le paratie e per il nuovo lungolago sia finalmente la volta buona.
Nell’interesse generale.