Nicola Butti, stile comasco nel campionato cinese di moto

Da Como alle gare del campionato cinese di motociclismo. È la storia di Nicola Butti, classe 1976, che, agli impegni di lavoro nel Paese asiatico, abbina la partecipazione alle competizioni locali in pista, peraltro con buoni risultati.Nicola è capo di un team internazionale dedicato a design e sviluppo per clienti cinesi e internazionali e si occupa di importazioni e investimenti che riguardano il settore del motociclismo.Dal 2012 al 2015 ha iniziato a partecipare a gare in pista a livello amatoriale «prevalentemente al Shanghai Tianma Circuit», spiega. Tra 2016 e 2017 si è dovuto fermare per due infortuni, a un ginocchio e alla schiena. Nel 2018 è tornato a gareggiare.«La prima gara è stata di riscaldamento – afferma – nel monomarca Honda Cbr 300: ho chiuso al quinto posto».
Poi un doppio podio: «Ho corso nel primo appuntamento del Csbk, il campionato di velocità cinese in classe Moto 3, con una Fk Motors Gp3: nella prova d’apertura mi sono piazzato terzo, mentre nella seconda è arrivata una vittoria».«Il livello? Scarso, se devo essere sincero – ammette Nicola Butti – Ma è stato un evento divertente, con molti sponsor locali e un’ottima copertura streaming, con sei categorie presenti».Nicola Butti si sofferma poi su gare e centauri cinesi.«Nella classe 600 e nella Superbike ci sono alcuni piloti locali che hanno corso anche all’estero – dice – La gara più seguita e competitiva è l’evento internazionale del Pan Delta Racing sul circuito di Zhuhai, con la Ducati che ogni anno manda il suo tester ufficiale Alessandro Valia». Una corsa disputata lo scorso weekend: Valia con una Panigale V4 ha vinto le due gare alle quali ha preso parte.«Io non ho mai avuto tempo per prepararmi a dovere e provare a correre a Zhuhai – dice ancora Butti – ma sono sincero: se dovessi farlo, prenderei almeno 5 secondi al giro dai professionisti».
Infine una considerazione sul mercato delle moto in Cina. «Il discorso è complesso – conclude il comasco – Qui le moto sono considerate generalmente pericolose ed ingombranti e sono bandite da molte città, con regolamentazioni che variano di caso in caso. Sul 90% della rete autostradale, ad esempio, la circolazione è vietata. Il contesto iper-restrittivo ha aiutato un giro d’affari legato a importazioni illegali».«Da un paio d’anni, però – conclude – la polizia ha alzato l’attenzione dando una spinta alle moto importate legalmente e vendute dagli agenti ufficiali delle varie marche. Tutte le moto e gli accessori devono comunque ottenere una certificazione che richiede un discreto investimento economico e almeno 3-6 mesi di attesa».