di Giorgio Civati
Chiedere scusa è un gesto evidentemente ormai caduto in disuso. Prendiamo la storiaccia della settimana di zona rossa in Lombardia: chiusura immotivata, a quanto è emerso, per errori e svarioni che ancora oggi, sette giorni dopo il cambio di rotta, non si è capito da chi siano stati commessi.
Un fatto da brividi sapere che la nostra salute, l’economia, addirittura per certi versi le nostre intere vite sono in balìa degli eventi in questo modo. Nelle mani di chi, magari proprio oggi, deciderà (forse) di passarci al “giallo”. Sulla faccenda però qualche altra riflessione può essere opportuna.
Tra Milano e Roma è infatti tutto un susseguirsi di accuse, polemiche, guerriglia politica e istituzionale: la giunta regionale lombarda contro il governo, il ministro contro il governatore, l’Istituto superiore di sanità accusato di essere organo politico anziché scientifico e via di questo passo. Premesso che tutto questo caos genera soltanto altro caos, aspettiamo ovviamente di capire con certezza se e chi ha sbagliato. Intanto, però, siamo convinti che dal governatore lombardo Fontana al ministro della Salute Speranza, dal premier Conte – vabbè, ha altro da fare in questi giorni, la sua poltrona traballa e lo vediamo seriamente preoccupato, chissà se per l’Italia o per se stesso – a qualunque altra carica istituzionale locale e nazionale un po’ di attenzione ai lombardi è dovuta. Smettere un attimo di accapigliarsi e chiedere scusa, dunque, sarebbe un bel gesto. Scusarsi con noi gente qualunque, con i negozianti e i ristoratori e i baristi ma anche i benzinai, i tassisti, gli operai e gli imprenditori, insomma con la Lombardia intera.
Non che una settimana in più o in meno di chiusura abbia potuto fare veramente la differenza, la situazione era pesantissima prima e lo sarebbe stata anche con quei sette giorni di zona arancione anziché rossa. Però qualcuno ha sbagliato, evidentemente, e quindi almeno un pensiero a quanti hanno subito ci stava. Ci voleva. Forse scusarsi poteva apparire ai nostri politici e amministratori una ammissione di colpa. O forse non ci hanno nemmeno pensato, presi da beghe, litigi, attacchi e rivendicazioni di partito, di parte, di schieramento. Tutto letto in chiave politica: il governo è di centrosinistra e la Lombardia di centrodestra?
Ovvio, per loro, che vi sia guerra tra fazioni e schieramenti. Meno per i cittadini, perché un’intera regione, la “locomotiva d’Italia” come veniva definita un tempo, non dovrebbe essere trattata da preda, ostaggio, bottino di guerra di questo o quel partito, di questo o quel governo. Se dunque spesso la burocrazia e le istituzioni ci trattano da sudditi e non da cittadini, questa volta siamo stati invece bellamente ignorati. Quelli che ci hanno rimesso siamo stati noi lombardi e nessuno che abbia speso una parola almeno di conforto e di comprensione. Intanto la gente soffre, si dispera, fallisce, troppo spesso addirittura muore. Ma questo nei palazzi della politica forse non si vede a sufficienza.