Patrizia Maesani su Ticosa e aree strategiche: «No a una pianificazione a macchia di leopardo»

«L’area Ticosa vive o muore assieme ad altre aree strategiche di Como: Sant’Anna, San Martino e Caserme: qualsiasi pianificazione che prescinda da questo principio mette a rischio l’equilibrio dell’intera città».La presidente delle commissione urbanistica del capoluogo, Patrizia Maesani, interviene nel dibattito sul futuro del comparto di via Grandi sottolineando un punto a suo modo di vedere essenziale: il metodo.«Tutte le proposte che ho visto in questi giorni – scrive Maesani in una lettera- intervento indirizzata alCorriere di Como– sono partite dalla destinazione d’uso dell’area dimenticando che prima dei contenuti bisogna forse porsi il problema di metodo condiviso».Che cosa serve alla nostra città?, si chiede Maesani. E in quale direzione sta andando Como?«Abbandonata la sola vocazione industriale quale destino economico si sta avverando» per il capoluogo lariano? E questo futuro, «passa soltanto dal turismo»? La risposta che si dà la presidente della II commissione è chiara: «L’urbanistica non è intuizione ma la sintesi» di più azioni, frutto di «analisi interdisciplinari. Siamo sicuri che la pianificazione di un comparto così esteso e ubicato in zona strategica possa essere operata in maniera del tutto svincolata da quanto accade o accadrà nelle aree circostanti? L’asse San Rocco – San Rocchetto sta già correndo verso un cambiamento radicale grazie agli interventi di privati. Ed è imprescindibile tenerne conto».L’area Ticosa «non è una monade leibniziana – insiste Maesani – vive o muore assieme ad altre aree strategiche». Qualunque pianificazione «che prescinda da questo principio mette a rischio l’equilibrio dell’intera città».Maesani non chiede tuttavia «una pianificazione dirigista. Ma fra il dirigismo e lo spontaneismo intuitivo, a volte più dettato da suggestioni che da vere analisi multidisciplinari, esiste il metodo». Che permette di produrre «una pianificazione congiunta» pubblico-privata, «anche viabilistica» e una «pianificazione basata su una visione di città».Ciò che non serve è un’urbanistica pensata e realizzata a «macchia di leopardo». Di qui la necessità di dialogare in modo serrato con tutti gli enti coinvolti – Regione, Demanio, Provincia e così via – e di raggiungere in tempi brevi una soluzione condivisa «operando scelte anche importanti».