La dogana di Ponte Chiasso. Molti italiani valicano il confine attratti dal mercato del sesso legale ticinese
Il mercato della prostituzione in Ticino non sembra conoscere la crisi e dopo cinque anni di accesi dibattiti il cantone elvetico al confine con l’Italia si è dotato di una nuova legge sull’esercizio della professione che viene ritenuta la più antica del mondo.
Come riferisce oggi il quotidiano “Corriere del Ticino”, a larga maggioranza – 63 favorevoli, 5 contrari e 4 astensioni – il Gran Consiglio, ossia l’autorità legislativa del cantone elvetico, ha dato il via alla revisione della norma che regola il settore.
Tra le novità, quella che ha fatto maggiormente discutere è senz’altro la nuova modalità di tassazione per le professioniste del sesso, che è stata proposta dalla Divisione delle Contribuzioni del dipartimento delle finanze del cantone, settore che si occupa delle imposte a carico delle persone fisiche e giuridiche come pure della tassazione e dell’incasso dell’imposta federale diretta.
Le lucciole – lo scorso anno erano 320 quelle attive regolarmente note alle autorità nel cantone, quasi dimezzate rispetto ai dati statistici di un decennio fa – saranno tenute a versare al fisco una imposta forfettaria pari a 25 franchi al giorno, ma non direttamente: la dovranno versare al gestore del locale erotico in cui esercitano (sono 7 le strutture aperte nel territorio cantonale). Sarà lo stesso gestore – questo passaggio è quello che ha scatenato più polemiche durante il dibattito nel Gran Consiglio – avrà l’obbligo di trattenere l’importo e di versarlo ogni mese all’autorità fiscale.
Questo per risolvere l’annoso problema dei mancati introiti di un settore che evidentemente garantisce notevoli guadagni.