di Adria Bartolich
Non c’è dubbio che l’abbandono precoce degli studi costituisca a tutti gli effetti un fallimento educativo. Dopo molti sforzi l’Italia si attesta su una media del 14% di abbandoni, dietro solo alla Spagna tra i Paesi di prima adesione all’Unione Europea e al quarto posto se consideriamo anche i Paesi di ultima adesione. Il dato si è fortemente abbassato – grazie a interventi mirati alla riduzione della dispersione scolastica – nell’ultimo decennio di ben quattro punti percentuali, ma lo sforzo non è stato sufficiente per raggiungere l’obiettivo del 10% fissato dalla Ue.
Se poi analizziamo i dati incrociandoli, vediamo che gli abbandoni riguardano soprattutto le scuole professionali, gli studenti che provengono da famiglie disagiate, dalle aree povere e dalle regioni del Sud; queste ultime fanno registrare quasi il 19% di abbandoni (con le punte alte della Sardegna oltre il 21%, della Sicilia al 20%, di Campania al 19% e Puglia al 18,6 %) mentre il Nord Ovest è quasi al 12%, il Nord Est al 10,3% e il Centro al 10,7 %.
E anche all’interno delle macroaree ci sono delle differenze in alcuni casi abbastanza importanti, sia in negativo che in positivo. Ad esempio, Catania e Caltanissetta superano il 25% , Napoli è al 22% e Avellino all’8%, addirittura al di sotto dell’obiettivo dell’Unione Europea, così come Oristano, a meno del 10%.
Si può quindi azzardare l’ipotesi che, parametri oggettivi a parte, molto possano fare le politiche scolastiche anche locali. La ragione più forte per la quale si sostiene la necessità di un sistema dell’istruzione pubblico si basa principalmente su due pilastri: la scuola deve essere accessibile a tutti e il sistema nazionale unico garantisce un’omogeneità del servizio, delle conoscenze e delle opportunità. Sono capisaldi condivisibili ma che nella pratica trovano difficoltà a realizzarsi.
Se si fa un ulteriore sforzo di approfondimento nella lettura dei dati e si incrociano le cifre relative alla dispersione scolastica con i dati sulle competenze, vediamo che le disparità sono molto accentuate a seconda delle zone e seguono, a grandi linee, l’andamento degli abbandoni.
Cioè non soltanto in alcune zone c’è più dispersione scolastica ma coloro che non sono dispersi, fatto salvo le eccezioni, possiedono mediamente conoscenze e competenze più scarse, a fronte di parametri per la destinazione delle risorse uguali in tutta Italia, anzi con l’aggiunta di fondi europei e finanziamenti integrativi per le aree a rischio.
In altre parole, nel sistema scolastico nazionale ci sono delle crepe che vanno affrontate e riparate al più presto.
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